venerdì 27 maggio 2011

Maria Grazia Di Biagio




Maria Grazia Di Biagio è nata a Teramo e vive e lavora a Pescara. Ha conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere (Tedesco - Inglese) presso l'Università G. D'Annunzio di Pescara con una tesi sperimentale in Filologia Germanica sui dialetti Walser in Piemonte (Il dialetto Vallese di Rimella) e ha contribuito alla stesura di un vocabolario a salvaguardia del dialetto di questa minoranza linguistica di origine tedesca che vive nella provincia di Vercelli.


Una sua silloge poetica dal titolo “Blue Songs”  è stata semifinalista del Concorso “Ilmioesordio” della Feltrinelli e si è classificata 3° alla I Edizione del Concorso Nazionale “Il lancio della penna” di Bari.


Alcuni premi e riconoscimenti sono stati attribuiti a singole poesie: in particolare la sua poesia “Figlia ho da dirti” si è classificata 2° alla 1° Edizione del Premio Nazionale “Le Esperidi.



Le poesie qui selezionate fanno parte della silloge poetica “Nella Disarmonia dell’inatteso” che ha vinto la II Edizione del Concorso Letterario Nazionale Bel-Ami 2012, svoltosi a Napoli nell’ambito del Festival dell’Autore Dieci Lune 2012. 
La silloge è edita dall’Editore Bel Ami di Roma, organizzatore del concorso.



Il libro è acquistabile on-line cliccando su uno dei link sottostanti:







C’è bisogno di poesia, se non per salvare il mondo, almeno per salvare noi stessi dalla miseria e dalla grettezza. Ma deve essere una poesia bella, non oscure elucubrazioni elitarie che non comunicano altro che la confusione mentale dei loro autori; una poesia che sappia risvegliare il cuore e fargli riscoprire il gusto delle cose vere e della vita. Le poesie di Maria Grazia Di Biagio appartengono a questa categoria, Fanno riassaporare il pane delle piccole saggezze e dei pungenti dolori quotidiani. Hanno la profondità dei pensieri a lungo maturati, dei sentimenti offerti senza velature, che scavano nella natura dei sentimenti e delle cose, traendone il duro nocciolo universale e nascosto che ciascuno di noi gelosamente preserva, anche se non sa dare ad esso adeguate parole. Chi li legge può scoprire la delicatezza di una donna, dei suoi amori, delle sue fantasie. Le luci e le ombre che passano per la sua mente, i suoi piccoli desideri, le dolcezze di ragazza che diventano a volte desiderio di abbandono, di platoniche intimità. Un piccolo libro, che riveste i pensieri di una raffinata ricerca linguistica (…cerco la bellezza delle cose nella disarmonia dell’inatteso, nelle parole, il senso primo del significato) e che dunque sarebbe bene centellinare come vino rosso nelle sere di quiete, nel silenzio della casa ospitale, per poi metterlo in tasca e portarlo tra la gente, nella confusione della vita, come una nostalgia calda, un rifugio possibile in cui far riposare il cuore quando tutto il resto diventa disdicevole.







Gli amanti




Sanno di loro gli ormeggi oscillanti sul fiume,
le soste dei voli nei platani distratti,

le zone d'ombra agli angoli dei muri.

Lo sanno i portoni chiusi lungo i viali,
gli ascensori liberty aperti sulle scale
a scendere e salire tra inferno e paradiso.
Di loro sanno i giardini piovosi
deserti dei giorni di scuola
e le panchine divise con baci adolescenti
e studenti d'arte che copiano la storia a matita.
Rigattieri del tempo, pagano la notte per un'ora,
gli amanti, e alla vita i giorni d'avanzo
assemblati per farne una quinta stagione
che ha fiori di carta e neve di polistirolo.
Hanno alloggi di fortuna, vuoti di fotografie,
lenzuola, mura, tende bianche che sanno
e non hanno memoria di loro
sciolti in un solo sangue
e un’impronta sola su una parte di letto.



Corrispondenze



E' un anno di parole che non scrivo
e non c'è incuria o disamore, credi,
se ho lavato la matassa dei pensieri
e l'ho stesa al silenzio ad asciugare.
Non è cambiato molto, da quel giorno.
Cado ancora e come allora
mi sbuccio le ginocchia
ma non piango più, purtroppo
e questo è male, perché il pianto cura,
è pioggia che consola, il pianto.
Io lo sapevo fare e mi piaceva
il sale a fior di labbra
e il respiro che risale da un singhiozzo.
C'è ancora il segno delle tue mani
che mi fanno da bracciali
di quando giravamo forte in tondo
e il rumore sempre uguale della moneta
in fondo al pozzo dei desideri e del disincanto
di un ritorneremo, un giorno.




Tango


Ne hanno fatta di strada, queste gambe,
di salite controvento e discese frenate
sono stanche. Hanno corso, qualche volta
sulla sabbia verso inganni di miraggio
e subito l'oltraggio delle ortiche
per seguire le promesse di una fragola di bosco.
Queste gambe quasi antiche di storie trascorse
e polvere di vite attraversate,
fra le tue gambe tornano bambine
un po' per gioco, un po' perché ci credo.
Fammi una cavigliera di cocci di bottiglia
e chiamali smeraldi, e anelli di menzogne
lucide come diamanti da mettere alle dita
dei miei piedi per il ballo di fine stagione.
Regalami un falso d'amore e un tango
per queste gambe stanche
che accanto alle tue gambe ancora vanno.



Sottovoce

 

Se un giorno tu dirai di me al passato
ti prego, fallo sottovoce, che io non senta.
Anche quando avrò già reso al fango
la mia parte, almeno tu non dire è stato
o lei era. Ne morirei irrimediabilmente,
perché quell'oncia che di me ancora posseggo
l'ho messa al sicuro nella tua memoria.
Ecco, ti nomino custode del mio lato oscuro,
dell'incompreso che tu solo sai capire.
E quel candore di ballerina scalza senza gloria
l'ho riposto dentro al tuo cassetto del futuro
fra le cose leggere, per un prossimo Aprile.

                                                                                         

     
 

1 commento:

  1. Mia cara, ti stimo come donna, come poetessa e come amica ogni giorno di più! Lorella

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