martedì 6 marzo 2012

Fosca Massucco


Fosca Massucco è nata a Cuneo e vive sulle colline del Monferrato.  Ha studiato Fisica all’Università degli Studi di Torino dove si è specializzata in Fisica Acustica. Dal 2003 esercita la professione di fisico acustico ambientale e tecnico del suono.
Fosca è sposata con il compositore e contrabbassista jazz Enrico Fazio col quale realizza progetti di poesia e musica. Cura il sito “(52+1) POESIE”, dove sviluppa un'interessante esperimento di esercizio di scrittura creativa. 

Con Fosca trasgredimmo, a suo tempo, una regola che ci eravamo dati: quella di non segnalare poeti che non avessero pubblicato almeno una raccolta di poesie; ma nel suo caso le  poesie erano così belle ed emozionanti che non potemmo fare a meno di precorrere i tempi, sicuri come eravamo che presto un editore, nonostante limiti e carenze del mercato, avrebbe colto la grande qualità dei suoi versi. 
Come spesso ci accade in campo poetico, per fortuna o per amore, avevamo visto giusto, e ora le poesie di Fosca sono in questo bel libro. "L'occhio e il mirino", edito dalla casa editrice "L'arcolaio", che sta richiamando l'attenzione della critica e ottenendo prestigiosi riconoscimenti.

 
 

III Premio al Concorso Letterario Nazionale “BEPPE MANFREDI PER LA POESIA EDITA OPERA PRIMA” Edizione 2013 -

Le poesie di Fosca Massucco sono caratterizzate da qualità inusuali e sorprendenti. Esse sono leggermente ambigue, nel senso che non sono mai chiuse in se stesse ma lasciano spiragli in cui l’animo del lettore può entrare di soppiatto; sono sfuggenti, poiché l’idea inizialmente suggerita viene spesso contraddetta dai successivi versi che, scientemente, ne cambiano il senso e la dimensione percettiva (Deve trovarmi pronta l'armonia delle cose / un gatto, un falò, un inverno / o pressappoco / prima che cambi idea); sono leggere, libere cioè di galleggiare sulla densità dei sentimenti, come accade a volte alle piume, quando volano sospese sul respiro di chi le guarda (Guardo fuori e aspetto quel sole / e quel vento - farò volare la cenere / e mi perdonerò.), lasciando poi ad ognuno la libertà di rincorrerle e, se ci riesce, di prenderle; sono multiformi poiché contengono in sé diverse potenzialità espressive (Sono stanca di essere stanca / cammino veloce attraverso i binari / schivando la voce che piove dall’alto. / Se sembro rapida nessuno intende la fatica, / se guardo interessata nascondo debolezza.); sono infine tenere, perché raccontano di un animo sensibile e amabilmente autoironico (Anche allora era settembre col temporale. / Aspettavo all’angolo un futuro / pieno di poetiche insulsaggini).
Insomma sono "bella poesia", difficile da trovare nella giungla delle tante parole senza qualità, ma  arricchente e lenitiva del sommerso dolore quando finalmente la si incontra e la si riconosce.

*****


Siamo lieti di fornire in anteprima una selezione del lavoro di Fosca Massucco che riteniamo indicativa delle sue indiscutibili capacità poetiche.
Così sale un arcobaleno in quota -
l’occhio è un mirino, a fissarlo non lo scorge -
inchiodato al cielo tra gola e vetta
come a immortalar se stesso.

Così sono io, l’occhio e il mirino -
il volo del gipeto che trafigge l’iride -
ospito domande immense nelle vene
senza arrestare lo schiocco.

Nulla e’ sublime più che attraversare il mondo
lasciandolo immutato.

*****
Io a Firenze ci andavo per le gatte e per la bici.
Scendevo dal taxi pervasa
da un’aura di pensieri profondi
che davvero non facevo– ma tu li immaginavi
e me li spiegavi, tra i ceci e la salvia del giardino.
Ci andavo per le gatte rosse
e per le bici sul Monte Morello,
nei dicembre di luce trasversa e gemme
immobili – ero infinitamente bella
e spesso sbronza. Falsamente colti
un po’ arguti, gareggiavamo a parole e ricordi
lungo le colline fiesolane – finendo ad ascoltare Sclavis.
Io a Firenze ci andavo per le fusa delle gatte

e la bici nel gelo - mica per il jazz.



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La rosa rampicante, ad esempio, non rispose più
inchiodata dal sole, fiorita di pidocchi;
nemmeno la lumaca passò indenne
sul marciapiede della bignonia in rigoglio,
secca nel prato la rigettò un calcio.

Non salvai nessuno,
la rosa, la lumaca – neppure la lucertola
sgranocchiata impassibile dal gatto -
accolsi quello sterminio di universo angusto;
quando cercai un arcobaleno a forzare i tempi,
aprii l’acqua del giardino in controluce. 




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11 commenti:

  1. Voli come una farfalla e pungi come un'ape! :-) meravigliosa e intima la tua poesia. mi ricorda tanto Sylvia. <3

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    1. alla Plath non son degna di porgere il cancellino, ma grazie.

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    2. quella di Sylvia è una poesia che mi pare molto più distaccata/astratta della tua. tu la incarni nel quotidiano: ricordi quotidiani e cose quotidiane. istinti di dolore, non di maniera. era un po' che non leggevo poesie vere.

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    3. Giorgio, perdona il ritardo con cui scrivo e fammi ringraziare per un commento così bello. Grazie, tanto.

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  2. E' giusto scriverlo anche qui: non mi stupisce questa critica entusiasta, questa bella conferma, cara Fosca. Ti leggo da tempo, e sai che ti ho sempre considerata una poetessa immensamente capace - e sai anche più di altri con quale parsimonia io affidi tale consegna - al di là dell'amicizia e della conoscenza.
    Una stretta di mano allegra, e un abbraccio!

    Complimenti e grazie a Renato per questa segnalazione davvero di valore.

    Q.

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    1. grazie Q. per le tue belle parole e per il sostegno di questi anni.

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  3. Poesia insolita e leggera: una scoperta piacevole.

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  4. Molto belle, bella anche l'idea del blog alla riscoperta della poesia. Complimenti a tutti/e, davvero.
    ps. Se volete passare sul mio blog scrivicomemagni.blogspot.it troverete una, spero divertente, reinterpretazione dei classici M.A.

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