lunedì 6 agosto 2012

Dante Maffia



Ringraziamo Dante Maffia perché ha voluto essere presente in questo nostro blog, regalandoci un ulteriore motivo di orgoglio.
Egli è eminente saggista, poeta, narratore e giornalista. Come poeta fu segnalato agli esordi da Aldo Palazzeschi. Di lui hanno scritto i maggiori letterati contemporanei: da Borges ad Amado, da Pasolini a Calvino, a Primo Levi e a tanti altri. Leonardo Sciascia gli disse: “Io sono convinto che tu sei uno dei grandi poeti di cui si parlerà molto; nelle tue parole c’è la carne viva del sud….”; e Dario Bellezza affermò: “Maffia è uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”. Nel 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi lo insignì della medaglia d’oro alla cultura.
Quest'anno un autorevole Comitato di studiosi lo ha proposto al Premio Nobel per la letteratura.
Dante Maffia rappresenta dunque una eccezione nella politica culturale perseguita da questo blog che, come noto, privilegia in genere poeti di eccellenza ma non ancora famosi, con l'obiettivo di non lasciare disperdere il loro lavoro e di fornire loro supporto e testimonianza.
E tuttavia questa scelta non contraddice tale politica, anzi l’aiuta ad affermarsi, conferendo prestigio a questo sito e riconoscendo implicitamente valore e validità al lavoro di ricerca che conduciamo.



Dante Maffia "Poesie Torinesi"
Edizioni Lepisma


Abbiamo scelto, per illustrare la poetica di Dante Maffia, “Poesie Torinesi”, una raccolta di versi che racconta il dramma sociale e umano di una città come Torino, emblematica del mito dello sviluppo e, insieme, delle contraddizioni dell’oggi, che pongono l’uomo, i suoi bisogni, il suo dolore, in secondo piano.
Città osservata con lo sguardo critico e distaccato di un immigrato di eccezione, che non si lascia fuorviare dalle apparenze, dall’illusione di felicità che le luci creano o da stazioni che promettono nuovi viaggi. Spinge invece lo sguardo, come un bisturi, nella realtà dolente della città, per comprendere i mali nascosti nelle pieghe delle sue strade, nel dolore dei diseredati lasciati marcire negli angoli bui in quanto inadatti a qualsiasi viaggio. Rapide pennellate, fatte a volte di un unico gesto, normale, quotidiano, ma che serve a recuperarne appieno l’umanità, segnandola in modo indelebile nella memoria, fosse anche solo per uno sbadiglio, per un movimento della mano che stacca un pelo dal naso, per un vestito che sale fino all’inguine quando ogni umano pudore è ormai dimenticato. Gesti usuali che fuggono l’estetica accademica, parole aspre che non cercano la bellezza esteriore del verso (che del resto contraddirebbe il messaggio portato), bensì la sua carica di verità.

E’ dunque sovvertitrice questa poetica che fa emergere in maniera così corrosiva l’inadeguatezza di certa pseudo-cultura borghese, sempre protesa alla difesa istintiva delle proprie condizioni, a comprendere le ingiustizie che genera. Parole asciutte, mai retoriche, appuntite e scarne che hanno in sé la forza della ribellione e il sentimento pudico della pietà: “Ogni mattina sulla “Stampa” è documentato l’eccidio/del buonsenso. Al bar si discute se ammazzarli tutti/quei cani rognosi che non vogliono lavorare."
Un piccolo gioiello letterario da non perdere, insomma.





Ricordo Torinese


Mi viene in mente una donna

né tanto grassa né tanto magra

con la borse di finta pelle,

con la faccia mezza paffuta

delle madonne di cartapesta.


A una fermata è scesa

dal sessantatre. Si è portata

quel poco di vita che stagnava

sotto le sciarpe dei viaggiatori.


 

Lungo le rive del Po

Lungo le rive del Po la sera
ci sono campanelli che squillano sciabordando
nei riflessi e s’impigliano ai grumi dei cervelli
spauriti. Cantilene di sporcizia, di cadute a picco
sulla vertigine dello sballo. Nei letti caldi
dei più la consolazione del televisore.

Ogni mattina sulla “Stampa” è documentato l’eccidio
del buonsenso. Al bar si discute se ammazzarli tutti
quei cani rognosi che non vogliono lavorare.
C’è chi s’erge a giudice, chi si propone
per fare il giustiziere. Nei bicchieri di cognac
passa la ronda della maledizione.


 
Incontro casuale nei dintorni di via Lagrange


Uscendo dal cinema, con ancora sul viso

i colori del regista,quasi gatta, quasi
 
ogni cosa che si possa pensare, meno che il paradiso.

Comunque davanti a noi si aprirono praterie assolate,

letti lunghi chilometri, soffici, quasi

che avesse le ali, le natiche dannate.

Il sorriso le dette la misura della mia onestà.

Mi avvicinai per rassicurarla, ci appartammo, quasi.

Ma onestamente non ricordo se di qua o di là.

Naturalmente ha poco importanza, una sciocchezza!

Fu un atto furioso, intenso, quasi

il raggiungimento dell'estrema ebbrezza.

E un attimo dopo tutto finito, come discesi

da una montagna di fuoco. Tremava, mi guardava, quasi

che fossi stato il suo amante per mesi.

La vidi andarsene a testa bassa, piangendo,

dicendosi che le avevo rubato non so cosa, quasi

che io fossi, lei fosse una pedita grave. Scontenta.




Gli scempi a Porta Nuova


Il tempo degli scempi s’è acquietato

in una fastidiosa attesa. Mancano alla città

I rumori delle gru, gli squarci, lo spietato

rancore di chi s’era illuso di esistere.

Nuovi commerci: bancarelle illuminate

con stoffe cinesi; una confusione di lingue

che danno l’illusione d’essere su intasate

stazioni che portano chissà dove.

Pizia è appostata all’angolo e sbadiglia,

si gratta il mento, si stacca un pelo dal naso.

Ai bidoni della spazzatura origlia

Una rom che avrà si e no tredici anni.

Eppure c’è un futuro per ogni persona,

lo sanno anche le mosche appiccicate
sui capelli della malconcia barbona

ubriaca, scoperta fino all’inguine.


 


Via Roma

Mia sorella mi porta a passeggio pe Via Roma,

la via delle dame torinesi, dei negozi abbaglianti.

E’ un inverno di neve e di vento gelido

e maledico chei ha posato la prima pietra

sotto queste Alpi arroganti e funeste

che mandano ghiaccio e vento invece

di profumi primaverili.

Due vecchi svuotano un cassonetto

e ficcano l’immondizia in sacchi scuri.

Ci sarà la resurrezione della carne dice

chissà perché la donna che passando

getta uno sguardo e sorride complice

col mio stato d’animo, a suo parere.

Il bicchiere che ho in mano

glielo butto addosso. Non posso credere

che in paradiso o dove più vi piace

debba incontrare ancora vagabondi

che rovistano. È troppo, lasciatemi in pace.




2 commenti:

  1. Grazie come sempre Renato.
    Conosco e apprezzo l'opera di Dante Maffia ed è bello ritrovarne parte anche qui.

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  2. Mi ha colpito la crudezza delle immagini evocate, di una bellezza sporcata dalla vita, ma che ha ancora la forza di splendere sotto il sudiciume dello sguardo indifferente

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