martedì 1 ottobre 2013

Paolo Polvani


Paolo Polvani è nato a Barletta, dove attualmente vive. Ha avuto una vita eclettica, ricca di esperienze lavorative e umane. Laureato in giurisprudenza, ha lavorato in banca, praticato l’atletica e sognato di correre la maratona come Murakami, ha viaggiato e imparato ad ascoltare il brusio della vita, cogliendone il senso profondo e nascosto. Ha sempre coltivato la passione per la letteratura, la musica classica, il jazz e il rock e si è dedicato alla meditazione e alla pratica yoga. "Del resto” mi dice“se non ci si immerge nella vita con passione come si possono scrivere accettabili poesie ?”.


Sue raccolte sono: Nuvole balene, ediz. Antico mercato saraceno, 1989; La via del pane, ediz.Oceano, 1999; Alfabeto delle pietre, ediz. La fenice, 1999; Trasporti urbani, ediz. Altrimedia, 2006; Compagni di viaggio, ediz. Fonema, 2009; Gli anni delle donne, e-book, edizioni del Calatino, 2012; Un inventario della luce, ediz. Helicon 2013. Le sue liriche sono state pubblicate in molte riviste e antologie letterarie e si sono classificate prime in numerosi premi, fra cui: Spiaggia di velluto, Senigallia, 1999; Liberalia città dei sassi, Matera, 2006; Altri segni, Perugia, 2009; Thesaurus, 2012.

E' socio fondatore dell'associazione culturale autorieditori.com e  fondatore e co-direttore della fanzine online Versante Ripido (http://versanteripido.wordpress.com).

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Abbiamo letto e imparato ad amare le poesie di Paolo Polvani, la loro delicata tenerezza, il riserbo malinconico, la commovente fragilità. Trasmettono una specie di sommessa felicità, come una sensazione di partecipazione a qualcosa di bello, ad un sentimento affettuoso verso il mondo che ce lo fa sembrare migliore.



In Un inventario della luce l’anima si allarga sulle cose, si dissolve in esse, non le possiede ma ne è posseduta in una visione di appartenenza e di universalità. Ricorda, in un certo qual modo, la poetica di Whitman nella parte che pone l'uomo al centro delle cose come strumento di comprensione del tutto. Però qui avviene in una modalità non trionfalistica, ma intima e personale, come sussurrata a se stesso. Dal resto tutta la poesia di Polvani è così: la sua bellezza  non sta tanto nelle parole ma nelle loro pieghe, nella parte sgualcita del verso, dove si accampa la sua quotidiana malinconia o, al contrario, si nasconde “tra i denti una gioia assoluta e senza credi”.
Il libro è reperibile al seguente link:
                  

Il confine del vento
 
Questa campagna esatta e laboriosa tenere tra le braccia,

masticarla piano, assaporare tra i denti una gioia

assoluta e senza credi, diventare lo sguardo fisso delle vigne,

essere i sentieri che corrono a perdifiato tra gli ulivi, vene

che ingurgitano i verbi della luce, la grammatica breve

degli insetti, le vite infinite e sconosciute, le chiome

nebulose dove si frange il volo della gazza, le aperte

geometrie, se potessi questa terra ingoiarla, digerirne

le masserie lucide di calce e di silenzi, essere il brusio

delle finestre, il richiamo misterioso dei pozzi, se potessi

essere la memoria di tutti i fili d'erba, essere io lo sguardo

il suono, il confine del vento.
Cosa accade alla casa
quando esco sbattendo la porta

Gli oggetti hanno una loro vita, indipendente dalla nostra esistenza? Certamente si. Ma in questa poesia hanno anche un’anima, e l’anima delle cose è l’anima stessa del poeta, il suo essere tutt’uno con il mondo che lo circonda, il suo sentirsi campana che risuona delle sue vibrazioni. E dietro le cose, dentro le cose, c'è la vita che aspetta, le tovaglie che conservano i loro colori e le dita di qualcuno che “si attorcigliano nell’attesa”.

Ci sono parole che ancora volteggiano nell'aria
prima che i loro vuoti involucri si adagino
in un residuo di polvere lungo le pareti.
Piccoli insetti diventano padroni del silenzio.
La poltrona trattiene il vuoto della forma, i quadri
mantengono un rigido riserbo.
Sul pavimento lucido un filo parla la lingua dell'esilio.
La finestra registra il profilo delle nuvole.
Il frigorifero senza preavviso si mette a borbottare.
Si assiste alla declinazione degli oggetti
durante la parabola del sole. Nella luce
si affaccia una pantofola, cerbiatta
timida prossima alla consunzione.
Il suono del postino irrompe nel vuoto della casa,
lo riempie di uno splendido interrogativo.
Il clamore del traffico accarezza le sedie in cucina.
Nei bagni le tubature se ne infischiano delle voci
dei vicini ed emettono brevi gorgoglii, guaiti
appena pronunciati, sospiri, soffi.

La sciarpa norvegese

Una donna lontana, forse amica, forse figlia o amante, non importa. E' un amore che non si definisce nelle usuali classificazioni, perché è essenza di sé, è un’ombra che passa, come un ricordo che dà e chiede tenerezza, una carrellata di piccole infinitesimali cose che servono a parlare d’altro: del distacco, della nostalgia, della solitudine, della sollecitudine e della bellezza.

Si sta abbastanza caldi nel mio cuore ?

Sono qui, da solo, con la muta nostalgia
dei tuoi occhi, col fruscio lento
di un ruscelletto di parole

e le piccole gonne
crescono ? e il vento ?
fa una bella figura tra le lunghe
gambe il vento ?

Io sono qui, che bruco
dalle tue letterine bionde, seguito a ruminare
la fresca erba della scrittura.

Bevo barbagli, lucori, fantasmatiche albe
e indizi tenui e quanta luce filtra
dagli spiragli delle parole

e le fragoline ? le intride un’alba
mentre lontano stride, cigola un trattore
e l’ombelico, e il miele ?

Stringiti la sciarpa norvegese e ascolta
Il blu del nostro cielo.



Da “Trasporti Urbani" Edizione Altrimedia abbiamo scelto "I Tram", splendida allegoria della vita con accenti che ricordano Pessoa e le atmosfere di Lisbona. Parla di un tram che viaggia con il suo carico di umanità tra la solitudine della gente. Una serie di felici metafore rende perfettamente l’atmosfera piovosa e smarrita della città e, per contro, la fugace, provvisoria protezione che questo tram verde che attraversa il paesaggio lucido di pioggia, come una bolla di vetro, rappresenta.

 
Volume reperibile al seguente link:



I TRAM 


Perchè i tram sono verdi? perchè gli sguardi
sono mosconi intirizziti dall'autunno e si consegnano vinti
alle trame calde del legno, perchè è mercoledi e piove
e accade che incespichiamo in un subitaneo smarrimento?

I tram sono accese libellule, sono freni nella nebbia, corolle
aperte agli stridori, sono bolle di vetri e ruote
in fuga. I tram sono capaci di sventagliare interi cataloghi
di marciapiedi, un inventario di viali,
un'elemosina di sguardi balbuzienti.

Fuori non è come qui, fuori i giorni arrancano
abbarbicati ai volenterosi confini della settimana, a fasti di ragnatele,
fuori sventola la solitudine a perdifiato e schiume di parole
che si trascinano come bave agli angoli della bocca
allora è meglio tenere le mani in tasca, darsi un contegno
fuori piove è tutto un brulichio di giornali, di pericoli.

La città ti guarda negli occhi, guarda te che sveli il transito
di un tuo discorso sotterraneo, riveli contiguità possibili.

Allora bisogna tendere la mano alle congiunture e alle chimere
e ci sono quelli che vorrebbero abbaiare.
Il verde dei tram somiglia ai viali, ricorda
un lento paesaggio di discese.









Gli anni delle donne” (Edizioni del Calatino), affonda nel quotidiano, non come un bisturi o un grido, ma piuttosto come una carezza leggera. “Per ancorarci alle cose abbiamo stilato degli elenchi” dice il poeta nella poesia “Cose che avvengono”, ed è vero, perché nella raccolta sono almanaccate cose e fragili sensazioni con dentro nascosta la vita e anche, a volte, la malattia e la morte, che poi sono la stessa cosa. Commoventi, tanto per citarne alcune: “Caramelle”, “Fatti sentire”, che raccontano delle cose minime che si intrecciano al fluire del tempo e lasciano un profumo buono a fasciare le ferite dei troppi addii. E poi c'è il richiamo alla matrice lontana dell’infanzia, e alle montagne, che sono punto di elevazione e di fuga, abbraccio e solitudine insieme. E infine c'è il sorriso delle donne amate o solo viste di sfuggita, che attraversa ironico la raccolta e, in genere,  tutta la poesia di Paolo Polvani.









Il tuo sorriso  è una bandiera


Che ne sa il granducato di Parma
Del tuo accento di barese tosta,
che ne sanno i pervicaci ciclisti del campo di fave
di tuo padre ferroviere, che ne sanno dei carciofi
acquattati dentro un mite novembre,
che ne sanno i teatri e le piazze delle perfidie,
degli sguardi biechi di Montrone e Canneto,
e le finestre ariose, i tetti rossi
sospettano lagrazia agrestedi un filare di vigna?

Il tuo sorriso è una bandiera. Vedrai,
un giorno ti regalano una mucca, un campo
di girasoli, un ciliegeto, per il tuo giubbotto giallo.
per le raccomandate, per il tuo sguardo di bambina
buona, per la tua vocedi postina saggia, vedrai.

Un giorno torni a casa col trattore, con la falciatrice,
torni a casa con l’ape, il motocarro, vestita
del tuo sorriso, del bianco polveroso della Panda,
con la borsa vuota e la fatica della posta consegnata.

Vedrai, Laura, un giorno lo sguardo di Parma si riempirà di gratitudine.
Tu, Laura, sei una compagna con gli occhi umidi e le poesie
Sul comodino, i romanzi della Feltrinelli,
sei una compagna con la sciarpa e la voce buona.

Che ne sa il granducato del tuo sorriso, eppure tutto
ne risplende.












































































































































1 commento:

  1. Solida poesia, mai troppo imbellettata, dannunziana, ma semmai radicalmente fondata sull'"umile" (da humus) esperienza della provincia, dei sentimenti ordinari, del linguaggio che si sfilaccia magari nel tentativo di farsi esplicito (vedi le lunghe arcate versali), ma senza mai perdere una ruvida grazia naturalistica. Di questa selezione ho apprezzato particolarmente "Cosa accade alla casa
    quando esco sbattendo la porta", che aggiunge a mio avviso dei tocchi quasi metafisici, e il finale de "La sciarpa norvegese", che mi ha fatto l'effetto di una perfetta sintesi poetica fra linguaggio ordinario e luminosità della forma.

    Un altro poeta da tenere d'occhio, senza dubbio. Vorrei non avere tanti libri da leggere, in modo da poter acquistare qualcosa di alcuni dei meritevoli autori che qui ospitate.

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