Manuel Cohen è critico letterario, poeta e saggista eccellente.
Nato in Abruzzo negli anni Sessanta, vive e opera tra Roma e Bruxelles.
Cofondatore della rivista «Profili letterari», è redattore di diverse riviste
letterarie e suoi saggi e interventi critici sulla poesia italiana e straniera
del novecento e contemporanea appaiono in svariati volumi e riviste in Italia e
all’estero. Dirige tre collane di poesia per gli editori CFR (Sondrio),
Dot.com.press-Le Voci della Luna (Milano), e Puntoacapo (Novi Ligure). Ha pubblicato
le raccolte: Altrove, nel folto, Ianua, Roma 1990; Cartoline
di marca, Marte editrice, Colonnella (TE) 2010, e Winterreise. La
traversata occidentale, CFR, Piateda (SO) 2012, opera vincitrice del Premio
Franco Fortini. Suoi versi sono stati tradotti in spagnolo, francese e greco.
“Tutte le voci” – Arcipelago Itaca
Edizioni
Spesso ci si domanda quali caratteristiche debba avere una buona poesia perché sia rappresentativa della nostra epoca. Molte sono le risposte possibili, più o meno colte, più o meno assertive, tutte però con qualcosa di parziale, insoddisfacente, come di sostanza che sfugge. Poi capita tra le mani una raccolta di versi e, senza bisogno di analisi, studi e catalogazioni, si avverte che quella è poesia, che ci comunica qualcosa di profondo, un aspetto importante del nostro tempo, un modo originale di vedere le cose. Non voglio dire che la critica letteraria, l’esame strutturale del testo, la sua contestualizzazione storica non aiutino ad apprezzare un’opera, ma dico che la poesia, come tutta l’arte e la bellezza, parla un altro linguaggio, anarchico, imprevedibile, primigenio, che prescinde da analisi e catalogazioni, con luci e suggestioni sue proprie, immediatamente percepibili.
È questo il
caso di Tutte le voci, l’emozionante poemetto di Manuel Cohen, edito
da Arcipelago Itaca, in cui l’autore si mimetizza, quasi sparisce, per recuperare
e ricostruire una memoria collettiva, un sentire comune.
Ne viene
fuori un affresco fortemente evocativo in cui sono stipate storie di uomini e
fatti, di ingiustizie e di dolore che non si sviluppano in un luogo e tempo determinato,
ma riguarda tutti i tempi e tutti i luoghi nei quali il sentimento di umanità è
stato ferito. In esso, come osserva lo stesso autore, ci “Sono voci, solo voci,
voci sole e isolate, voci minori, di realtà sconfitte e offese, fuori dal coro
nominate, a volte accumulate, in una entropia di dire…”
Ho avuto in una circostanza la
possibilità di ascoltare il poema letto dallo stesso autore e, una volta, il
privilegio di leggere io stesso, insieme ad altri, un capitolo del libro. Ciò
che ho percepito è stato come un coro che si alzava dalle viscere della
terra, dalle radici stesse dell’esistenza, fuori e insieme dentro al tempo, voci
che risuonavano ritmiche, come onde scosse dal vento, parte
del grande mare in cui l’umanità soffre le sue sconfitte ma trae anche la forza
e la nobiltà per coltivare la speranza. Per questo credo che Tutte le voci
sia un poema non solo da leggere, ma anche da ascoltare, per godere meglio del suo ritmo
serrato, della musicalità intrinseca, del senso di condivisione.
Manuel Cohen,
raccontando, dà voce alla storia umana e alle sue tragedie, ricordando, le fa
rivivere, col solo elencarle ne rinnova l'emozione. Le voci risalgono dal fondo della coscienza collettiva e ritornano
attuali, si fanno carne, vicina alla nostra, quasi la nostra, perché l’umanità
è così, a volte distante e conflittuale, diventa, nel momento del dolore
condiviso, scarnificato dalle ideologie, dalle convenienze, dagli interessi miseri,
spontaneamente fraterna, e si riconosce parte della stessa
narrazione.
Non dunque
storia già assodata e metabolizzata, fredda ripetizione di fatti conclusi e
lontani, ma voci vive, mischiate, affastellate, che da quei fatti sorgono, voci
di vittime che ancora chiedono ascolto e ci ricordano che la sofferenza umana
non è mai finita.
Per questo il dolore delle vittime
diventa il dolore di tutti, di quelli che hanno sofferto e di quelli che hanno
causato le sofferenze, di quelli che hanno saputo e non hanno parlato, dei
prudenti, degli accorti, dei furbi, e anche nostro, che ricordiamo e non abbiamo
colpe, ma che siamo parte dello stesso fluire e coltiviamo la speranza di non essere mai vittime e mai carnefici.
L’altro punto del poema è il suo
valore lessicale, la forma dei versi, il suo incalzare, e quella scrittura
segnata da una specie di ricchezza anche visiva, da spazi che ci aiutano a
seguire e a interiorizzare il ritmo. Come osserva felicemente Salvatore
Ritrovato nella sua bella prefazione: "sono versi che si
snodano lungo binari doppi e tripli, scendono a scalini, si arrotolano, si
svincolano, si rincorrono in immagini che ci risvegliano nella memoria… una
storia … che costituisce un fondo magmatico dal quale si sviluppa un’idea nuova
di umanità, e vi balugina una speranza, o un desiderio di speranza…”.
Tutte le
voci si può considerare dunque un rito collettivo di purificazione e redenzione, di grandezza e di speranza,
che restituisce dignità e senso al dolore, come elemento comune della
condizione umana, motivo essenziale per scoprirci fratelli. Un lavoro maturo,
ricco di sensibilità e delicatezza, di rispetto per le vittime, di pietà per
gli sconfitti, di amore per l’umanità, che lascia l’impressione di essere stato
scritto di getto, completamente preso dall’urgenza del dire, ed invece sofferto, meditato per anni, sempre aperto a successive evoluzioni, come avviene per i
grandi poemi che trattano della commedia umana, come “Leaves of grass” di Walt
Whitman, o “Spoon River” di Edgar Lee Master. Un poema interrotto ma non
finito, dove altre voci sarebbe possibile aggiungere poiché, purtroppo, il tempo
del dolore e dell’ingiustizia non smette di battere. (Renato Fiorito)
Il poema è acquistabile on line agli indirizzi:
http://www.arcipelagoitaca.it/tutte-le-voci/
https://www.ibs.it/tutte-voci-libro-manuel-cohen/e/9788899429188?inventoryId=58905345
(da "Tutte le voci: Capitoli I e II)
-oltre la parete la soglia il muro
nei silenzi infetti un suono puro-
vengono
voci
in bollicine d’aria
rinvengono
dagli abissi
del Baltico
imprecazioni
di soldati
foglietti
scritti
biglietti ai cari
addii
imprigionati
in sottomarini russi
incagliati
sul fondo
assiderati
invocazioni
suoni di corpi
avvoltolati
nei ghiacciai
alpini
andini himalayani
cacciatori mistici imbonitori
viaggiatori santi predicatori
esploratori eresiarchi pensatori
acciambellati
in sconce stive
stipati
insaccati in
suoli carsici
crivellati
vittime
le vittime
agite
agitate agapate ora e sempre
carnefici i
caini le carneficine
i caligola i
neroni le agrippine
nelle foibe
titine nelle fosse di Milòsevic
di Arkan di Mladić
alle
Ardeatine
le voci
dissepolte
alle torbiere del Donegal
catene di
affogati al largo del Senegal
golette
gondole
galeoni
galere
incagliate
alle barriere coralline
voci
indistinte
adamantine
II
le voci
piantate
in piantagioni
di tabacco
coca caffè carioca
sepolte ai
piedi dei faraoni
sacrificate
su are capre agnelli
piatti
d’argento vitelli d’oro
Nina Pinta
Amistad Lusitania
Andrea Doria
Titanic Moby Prince
Trafalgar
Waterloo Salamina
le voci
dei suicidi iberici
all’arrivo
di Scipione l’Emiliano
falangi opliti fanti
imprigionate
a Guantanamo
a Cuba nel
gulag siberiano
al
supercarcere di Fossombrone
sequestrate all’Aspromonte
rapite
nella
Locride in Barbagia
presidenze
prigioniere in una dača
assediate a
ferro e fuoco
a fame e sete
a Troia
a Micene
nel ghetto di Varsavia
a Mostar
nella guerra dei Balcani
nella guerra
dei
cent’anni
nella guerra
dei trent’anni
nella guerra
dei
cento giorni
nella guerra
dei sei giorni
guerre lampo
guerre difensive
guerre mondiali
multimediali
guerre plurioffensive
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