“Matera e una donna” di Dante Maffia – Terra d’ulivi edizioni
Un
libro è un libro, vale a dire oggetto, materialità, carta, cura editoriale. In
questo ambito “Matera e una donna” di
Dante Maffia, edito da “Terra d’ulivi”, possiede tutte le caratteristiche di un
libro di pregio, una bella copertina, la carta lucida e pesante, la perfetta
composizione editoriale, le illustrazioni fotografiche di Elio Scarciglia,
bravo e sensibile nell’illustrare le pietre di Matera con amore e acume.
E
poi, anzi prima di tutto, c’è il poeta, multiforme, sanguigno, dalla
inarrestabile ispirazione, poeta di passioni e amore, poeta del sud, ricco,
sorprendente, visionario:
Una sera/ a Matera/ vidi la luna/
entrare nei Sassi// Poi lentamente/uscire e ritornare in cielo. (pag17)
…/Mani immense s’allargano/ sul
cuore/e da ogni albero/ dei viali di Matera/cola miele/che ha il tuo profumo.//… (pag 69)
A volte si discorre se
sia migliore poesia quella che nasce spontanea dalle onde emozionali del cuore,
o se sia preferibile la poesia costruita con lo studio e l’applicazione di
tecniche espressive adeguate, se insomma la ricercatezza del verso sia un
orpello o la sostanza stessa del componimento poetico.
A leggere “Matera e una
donna” di Dante Maffia il dilemma trova una destabilizzante soluzione, perché
Dante, dopo avere studiato e letto tutta la vita, dopo avere acquisito tecnica
poetica finissima e composto centinaia di migliaia di versi (cito solo: “Io,
poema totale della dissolvenza” e “Il poeta e la farfalla” che avrebbero
esaurito già da soli la vena del più prolifico dei poeti), ritorna con questo nuovo libro in cui sceglie di gettare alle ortiche il ricco
mantello delle sofisticazioni stilistiche per parlare il libero linguaggio del
cuore, risultato emblematico di un percorso di distillazione del verso la cui
stazione finale è la nudità del cuore, la confessione della sua umanità, il
riconoscimento della sua imperfezione; nudità del cuore semplice e ardita ad un
tempo, che diventa punto d’arrivo del suo viaggio attraverso la poesia, stupore
davanti alla città di Matera, alla suggestione totalizzante dei suoi sassi,
alla magia di una donna che informa di sé il paesaggio e lo rende vibrante di sotterranee
passioni, insofferente alle mediazioni
letterarie, agli scrigni formali, alle prigioni stilistiche.
Adesso
so/perché da quando ero ragazzo/leggevo come un forsennato:/cercavo te. / Le
azioni/ hanno una ragione occulta// Nessuno m’avvisava ch’eri vicina,/ che
bastava allungare la mano,/ restare semplice,/ con lo sguardo pulito/ e ti
avrei trovato/ sulle onde del nostro mare// Adesso so che studiare/ è andare
alla ricerca/ del senso di vivere/ Niente è casuale: Miglionico,/ Matera,
Metaponto, Nova Siri/ indizi, soste, arene, approdi//… (pag 16)
Anche in altre sue opere
Maffia ci aveva abituati a questa ribellione, alla sua sfida noncurante e
silenziosa contro l’accademismo, l’oscurità elitaria, nello sforzo costante di
ricucire la poesia alla vita. Forte del fatto che tutti gli accademismi ha
visitato, tutte le forme espressive padroneggiato, gli autori più importanti conosciuto,
il poeta è ora in grado di dire basta e tornare alla limpidezza delle origini,
alla sua gente, alla donna amata, alla casa dei padri, alle strade di Matera, al
linguaggio asciutto e scabro della verità, coltivando una poesia ricca di
immagini e parole che diventano transustanziali, capaci di convertirsi cioè in carne,
passione, peccato, se mai c’è peccato nel cercare la vita, speranza, se mai c’è
speranza nell’amore.
È per questo che in “Matera
e una donna” le poesie diventano, pietre, case, sassi, e che, a loro volta, i
sassi, le case, le vie, diventano corpo di donna, incontri, luce che piove tra i
vicoli. Questa identificazione tra la città e il corpo di una donna, riecheggia,
come il titolo stesso suggerisce, la poetica di Umberto Saba: “Trieste è la
città, la donna è Lina,/ per cui scrissi il mio libro di più ardita/ sincerità;
né dalla sua fu fin ad oggi mai l'anima partita.” Ma le assonanze finiscono qui perché poi ci si accorge che le atmosfere
evocate dai due poeti sono agli antipodi: per quanto sorvegliato, diafano,
essenziale è il verso di Saba, così ardito, spavaldo, carnale è quello di
Maffia; per quanto ordinata, bianca di vento, asburgica è la città di Trieste,
così accatastata, dissestata, aspra è Matera, che ha luce e mistero di
donna e che, come dice Luigi Reina nella sua elegante e acuta prefazione, “pretende amore, adesione totale, ascolto e
abbracci, comprensione e tenerezza”
In conclusione questa
operazione poetica di Dante Maffia mi convince e mi affascina, corrispondendo
anche a un mio modo di sentire e vedere la poesia, che valuta con diffidenza il
verso che celebra se stesso, crea barriere, inventa potere, per difendere il quale
costruisce poi muri difensivi e traccia perimetri elitari dentro cui la poesia stessa,
staccata dalla vita, inaridisce e non dice più nulla, anche
se lo dice bene.
Le
cose intorno/ stavano invecchiando/ senza una spiegazione/ i vocaboli stavano
avvizzendo.// All’improvviso la freccia dei tuoi occhi/ che mi trapassa e poi
mi fa risorgere.// Era una sera un poco strana, confusa,/ troppi versi detti in
piazza/ in un paese di cui ho perso il nome.
È dunque solo l’amore che
può salvare la poesia. Solo l’amore.
Renato Fiorito
Roma, 18/12/2017
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RispondiEliminaHo presentato Matera e una donna, alcune estati fa, a San Giorgio Morgeto (RC) assieme al compianto poeta e amico di Dante,Francesco Tarantino.
Rosanna Giovinazzo, Cinquefrondi