gli attori:
Lucianna Argentino
E’ tornato maggio coi suoi deserti asili
e gli impensati vuoti
abbracciati al silenzio dei cortili
quando non c’è altra musica
che lo sfrecciare alto delle rondini
il loro garrito che rammenda l’aria
lacerata dalla paura di chi tra quattro
mura
sente che la vita è vita condensata
e come gli atomi perdendo energia
emette luce. E luce allora sia
e illumini ciò che ci fa umani
mostri che non è radice il male
ma lo recide l’essere amati e amare
- l’impegno quotidiano
di chi con le parole dalle cose
estrae splendore.
Marco Belocchi
Preghiera
Io prego, prego per i morti,
ma non per i morti nell’avito letto
consumato il corso
circondati d’affetto.
E nemmeno per i morti per accidente
senza preavviso
per un destino incoerente.
E neanche per i morti in battaglia
per la terra o un aspro ideale
finiti nel fango
per un colpo di mitraglia.
No, non prego per questi
seppure li compiango,
ma per i condannati dall’umana giustizia
quella inappellabile, ferma
come la mano di Dio,
eretici schiavi ribelli
colpevoli o innocenti,
bruciati crocifissi fucilati impiccati
o più compassionevolmente ghigliottinati
elettrificati o ancor meglio avvelenati.
Ecco per loro prego,
per la traccia che ognuno ha lasciato,
per l’ultima sigaretta
per quello spicchio di cielo grigio
all’alba, per l’aria sporca,
per i miasmi che esalano
i cuori dei giusti.
Luca Benassi
Giubileo degli
ultimi alla stazione Termini
Il 29 luglio 2013
Andrea Olivero, una trans colombiana di 30 anni senza fissa dimora, veniva
uccisa a bastonate alla stazione Termini di Roma. Il suo corpo gonfio per le
percosse veniva trovato lungo il binario 10. In precedenza era stata aggredita
ad Ostia, aveva trascorso sette mesi in coma e al suo risveglio non aveva
potuto più muovere un braccio e trascinava a fatica una gamba.
La strada è un buio che si accende
di notte davanti alla stazione,
mentre metto insieme i mozziconi
per fare una sigaretta intera.
La paura, su questa banchina,
è un pane che spezziamo insieme
come queste ossa che esultano
alla fine del binario dieci.
Mi hanno contato la pelle,
la mano lesa, il sorriso storpio,
questa grazia deforme
come una ninfa incompiuta
che zoppica al fondo delle pensiline.
Mi hanno regalato la dolcezza dei bastoni
e una luna affilata, mentre cadevo sotto i
colpi
al precipitare del dolore
in questa estate che brucia
e regala il nome alla luce e al sogno.
Mauro Corona
Vita
fedele a se stessa e però inoperosa
schiava di queste
leggi ma tesa nell’ignoto
pronta ad
arrendersi ma pure a rilanciarsi
fiume d’estate in
secca e poi torrente rovinoso
ti muovi, cerchi
giustizia nell’aria e nella luce,
i soli testimoni
della tua esistenza,
cerchi verità,
cerchi pace ed approdo.
Cerchi l’alba, il
giorno, notte dopo notte,
ciò che si ripete
incessante e ciò che muta,
crei e poi disfi,
accumuli e ti liberi,
apri limpida la
mente come specchio
ma rifletti il
vuoto, il tuo tormento
nella tua umanità,
in ciò che sempre speri,
in ciò che manca,
nella memoria, nel tempo
nel suo eterno
fluire o nell’istante, mentre io
lascio che il mio
orizzonte sia questa siepe
che mi nega il
sole.
Anna Maria Curci
Macchie di arbusti, margini di strade.
Voci di piante a Gaza
I – Arum o delle smentite
Violaceo il fiore, la mia “calla nera”,
rosso chiaro le bacche, tonda luce,
vi offro le mie foglie e brilla il verde.
Cibo e bellezza sono – non fatale.
II – Gundelia o dello slancio
Non fermarti al timore delle spine
non ti spaventi l’involucro irto
lasciati amare dal mio stelo alato
dai semi sparsi che vogliono fiorire.
III – Timo o della resistenza
Sapido e forte è il timbro della pace
diffonde aroma con il soffio del vento
attraversa l’orrore e non scorda non tace
raccoglie e nomina – resiste alla
menzogna.
Raffaela Fazio
Semplice
Rendimi semplice
Amore
come una cosa che al tatto
cede calore
come tre spicci di resto
come una frase piana
che non va riletta
come un assenso mai chiesto
che tutto proprio tutto
profuma
di mughetto.
*
Madre di cieli e nude cave,
di intarsi esposti e vene non viste,
sia reso lieve e terragno
il tuo nome,
si ramifichi il segno,
ci fecondi la tua volontà.
Oggi e domani
dacci in dono le tue labbra
fatte di luci di piogge
che non conosciamo.
Smuovi in noi la ruota
dall'acqua che ristagna
nel solco finto.
Non darci vergogna
o rimpianto
né paura
di essere il tuo sogno:
creatura.
Renato Fiorito
Pane
A Rafah distribuiscono il pane.
Gira in fretta la voce.
Abu Salah inizia a correre
per averne anche lui.
A migliaia da Al Mawasi a Tel Al Sultan
si ammassano sulla strada
sotto l’incalzare del sole
sognando un pacco alimentare.
Donne con bambini, adulti in bicicletta,
carretti trainati da asini,
ragazzini con scodelle di latta
e la carestia scavata sul volto.
Tra le reti metalliche i soldati
incanalano la folla
e osservano se un popolo affamato
sa arrivare agli scatoloni
senza ammazzarsi l'un l'altro.
All’esterno dell'area
carri armati e cecchini
appostati tra le dune
controllano coi fucili spianati.
Filmano la scena le telecamere
e ne tengono memoria.
Abu Salah è riuscito a prendere
zucchero e farina, riso e gallette
per sopravvivere qualche giorno.
Se sarà ancora vivo
farà poi un altro viaggio.
La folla assalta i pochi camion
e i soldati sparano in aria per ammonirla.
Al termine di un giorno di fine maggio,
meno infelice di tanti altri,
si contano sette morti e sessanta feriti.
Ma Abu Salah è vivo
e potrebbe tornare a casa
con il suo bambino
ma non lo fa
si siede sul pacco
sottratto a altre mani disperate
e piange per l’umiliazione.
Il figlio gli si fa vicino
e lo conforta con le piccole mani
come se fosse lui il più forte
e forse lo è davvero.
Francesca Liani
Ospite a sorpresa
Eppure
nonostante la stanchezza della mente
e gli affanni del cuore
so ancora vibrare
alla ridente bellezza del mondo.
Ascoltare il silenzio
carpire negli occhi segreti
e indicibili promesse dentro bocche serrate.
Ho ancora fantasia
per immaginare
scenari imprevisti
storie a lieto fine
sorrisi come manna dal cielo
Speranze non piegate al destino.
In fondo fluire
è accettare d'essere transito
acqua, pietra, sabbia, ruscello,
paesaggio mai uguale a se stesso.
Esserci senza mai appartenersi
nel flusso del tempo.
E così ogni giorno
gentilmente
mi accolgo
come ospite a sorpresa
prima di immergermi
nel nuovo viaggio
d' essere altra.
Tiziana Marini
Non conosco pace
Non conosco pace che non sia
guardare la bella stagione
oltre il vetro ghiacciato
con il verde punteggiato
di speranza, lontano
più in là della nebbia
e i bambini, fiori senza terra
tutt’uno con quel verde.
Non conosco pace
che non sia rumore
di porte che si aprono
al perdono e voci concordi.
Una visione che espande
il mio cuore fino al tuo
e per la quale un bambino diventerà
domani un uomo.
Prego per questo come posso.
Monica Martinelli
Un autunno di pace
La fine
dell'estate cambia i colori al cielo
là dove si lega
alla terra,
quell'orlo di
speranza che ci abita
e ci abitua a
sentirne la fragile bellezza.
L'imprevisto di un
tuffo
o l'attesa di una
carezza:
finestre aperte
sul silenzio,
assalti di pace
alla tenerezza.
Il profumo di un
ramo reciso
che reclama il suo
albero,
quel sentore di
linfa
che scorre e si
spreca.
Ma quest'autunno è
strano:
non c'è pace né
tregua,
solo grovigli di
violenza e resa all'odio,
come vessillo di
esseri preistorici
senza Dio che
osserva e riflette
sul suo mancato
capolavoro.
(ottobre
2023, dopo lo scoppio della guerra in Palestina)
Anita
Napolitano
Gaza “Parco giochi di Shati”
Ho piegato le mie ginocchia su questa
terra
e ho pianto per i miei fratelli
L’ho visto quel palo,
quel palo della morte
e ho fatto il segno della croce
L’ho vista la scure che sfigura,
ho visto il razzo propagarsi in cielo e il
fumo nero.
E tra le radure e gli anfratti l’angelo
della morte,
ho udito le urla strazianti di una madre
per il sangue sparso di suo figlio
e l’innocente canzonetta della giovinetta
in cerca dei suoi giochi.
L’ho visto il bimbo scalzo con gli occhi
di ghiaccio
e il vecchio con il capo riverso.
L’ odore nauseante della morte
e il sapore amaro della polvere da sparo.
Nel cimitero senza tombe
ho visto il mostro senz’occhi
che al parco giochi di Shati ha squarciato
il petto.
L’ho vista l’ irruenza del torrente in
piena
che ha sepolto i morti vivi
Shhhhhh!!
Se ascolti in silenzio,
in quella terra sommersa di ombre
e di nubi inghirlandata
sentirai ancora il respiro dei bambini
morti,
l’orso di peluche genuflesso
intonerà la ninna nanna.
Marco Onofrio
Realtà
stellanti
Realtà stellanti,
oro e meraviglia
che dànno luce al
mondo
e a tutta la
famiglia
del pianeta.
Non sono solo
graffi di cometa
nel ghiaccio
siderale
i segni che
provengono
dal cielo.
Sono i regni
dell’invisibile
che ci sta attorno
oltre l’esperienza
materiale.
Attendono sicuri
nel cielo più
profondo
della vita
dove saremo liberi
e felici
tra le braccia di
un amore
senza fine.
In un giorno
eterno.
Patrizia Palombi
Alla dignità dei migranti
Occhi limpidi,
che non hanno colpa,
si trovano a misurarsi con l’ingiustizia degli uomini.
Sono gli occhi dei bambini,
cresciuti troppo in fretta
che conoscono il rumore delle armi
prima ancora della carezza della pace.
Quegli occhi ci guardano,
chiedono rifugio,
domandano un futuro che non sia soltanto sopravvivenza
ma diritto, dignità, vita piena.
Ogni passo intrapreso,
ogni confine attraversato,
non è un abbandono
ma la ricerca di un approdo sicuro,
di una terra capace di accogliere.
E a noi, che ascoltiamo e vediamo,
resta il compito più alto:
riconoscere in quegli sguardi
non lo straniero
ma l’essere umano,
non un numero
ma una speranza.
Plinio Perilli
Il Bene che vince il Male
Tesoro caro, che gioia vederti a
mezzanotte
così emozionata per il film sui
Miserabili...
la TV diventa un vangelo, assomma una
Bibbia
laica! Le barricate con Gavroche, il
coraggio
fattosi monello; la dolcezza di Cosetta,
ricca
di povertà, che scopre l’amore come un
gioco
di bimba, il dono stesso, irrequieto del
Cielo.
Ma soprattutto Jean Valjean, il forzato
blasfemo che si salva in scorribande o vie
di fuga che elevano agli altari anche le
fogne.
E resiste davvero a tutto, specie a non
tradire
l’anima, lui gladiatore allo spasmo del
corpo.
L’anima, ecco, si trova alla fine sempre
su una bilancia: pesa più il bene o il
male?
Jean Valjean grazia e perdona Javert,
il poliziotto di ferro, odioso, che
vorrebbe
punire il male, ma lo confonde col bene…
Per questo il finale scorre, esplode
sublime.
Con Javert che libera
Jean Vajant – e
rinuncia allibito alla vita, finirà per
punirsi,
condannarsi alla purezza schiacciante del
Bene.
L’ultima scena è il tuffo infernale nella
Senna.
Col poliziotto ligio e perfido che
incorona angelo
proprio il povero, irruento galeotto che
ha duellato,
santificato il male... La redenzione è
semplice:
precetta Dio sulla terra. Ricrea l’uomo
due volte.
(inedito)
Rossella Seller
Se fosse lo spirito
Se si incontrassero amici e nemici
estranei gli uni agli altri
e una volta per tutte si parlassero,
non sarebbero poi migliori?
Se fosse uno stato inquieto della mente
la voce intrisa di accuse e di colpe,
se potessero dirsi del male e del niente
con facili aforismi i rimorsi
e sciogliere i nodi perdonandosi.
E se di Spirito fossero intrise le gesta
con la chiara nudità che ascolta il
profondo,
l’invidia del tuo sguardo potrebbe
accogliere la mia felicità e insieme
offrire aiuto con generosa mano.
Quanto più sopportabile sarebbe allora
il grido che frulla incomprensibile
nell’aria senza nome e senza morte.
Dai balconi sui profumi della sera
guarda l’orizzonte all’altezza dei tuoi
occhi
nell’inconsapevole estrema estasi
per le armonie infinite
dell’universo-atomo
e lascia che si consumi lenta la tua strada.
Guido Tracanna
Tu chi sei
(meditazione poetica sulla Passione di Cristo)
E tu chi sei
Pietro che nega
che sguaina la spada
Veronica che asciuga
il popolo che acclama
e che condannerà.
E
tu chi sei
Cristo che piange
che
piange sangue
mentre tutto dorme
su
Gerusalemme
piange
sul
suo destino
sei
tu forse il capo
il
capo del Sinedrio
solo un soldato
Erode, un po’ Pilato
ti
sei lavato
e
che cos’è per te la verità.
E
tu chi sei
la
torcia nella notte
il
palo della croce
la
lancia nel costato
solo un soldato
che
tira il dado
sulla vita a caso
sei
un re deriso
un
re sceso dal Calvario
perché morire
non era il caso.
E
se tu sei
l’uomo senza orecchio
il
legno verde
quello marcio
un
ladro dal cuore d’oro
Barabba il braccio armato
o
un Cesare lontano
nel
suo potere
dall’amore, dalla morte
che
verrà…
Ma
tu chi sei?
il
cielo che si oscura
la
terra che trema
la
sepoltura
l’olio che ha cura
una
Maria che grida
la
paura
al
buio
e
nudo in fuga…
…o un Cristo per sbaglio
che
porta il peso
perché passava solo
di
lì per caso
solamente
a
quell’incrocio…
Michela Zanarella
Le stelle piangono le stesse lacrime
di bambini mai nati
di donne e uomini martoriati
di santi dimenticati.
Abbiamo visto il mondo
entrare in un buio sempre più fitto
il cielo è diventato orizzonte confuso
non si sposta il dolore
dalle stagioni
la luce del sole resiste come può
mentre l’estate porta la guerra tra le
conchiglie.
La luna sale sulle onde del mare,
chiede pace.
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