giovedì 6 gennaio 2022

Luca Benassi - Istruzioni per la luce

 


Luca Benassi è nato a Roma nel 1976 dove vive e lavora. Ha pubblicato le raccolte poetiche Nei Margini della Storia, (2000), I Fasti del Grigio (2005), L’onore della polvere (2009), le plaquette Di me diranno (2011) e Il guado della neve (2012) e, da ultimo,  "Istruzioni per la luce" – Passigli 2021 - che qui segnaliamo. 

Ha pubblicato inoltre antologie poetiche in giapponese (insieme alla poetessa Maki Strfield, edizione e-book 2016), spagnolo (2018), macedone (edizione bilingue -2019) e serbo (2019). 

Ha tradotto De Weg del poeta fiammingo Germain Droogenbroodt (Il Cammino, 2002). Ha pubblicato la raccolta di saggi critici Rivi strozzati poeti italiani negli anni duemila (2010) e curato le opere antologiche complessive di Cristina Annino (Magnificat. Poesia 1969 – 2009, 2009), Achille Serrao (Percorsi nella poesia di Achille Serrao, 2013) e Dante Maffìa (La casa dei Falconi, poesia 1974-2014, 2014).


"Istruzioni per la luce"

Nota critica di Renato Fiorito

 

“Istruzioni per la luce” di Luca Benassi - Passigli editore – 2021 - inizia dagli ultimi, dalle esistenze più povere, deprivate di valore nella considerazione corrente e, tuttavia, cariche di umanità e di dolore, un piccolo campionario di vite senza identità, dissipate ai bordi delle strade nella disperazione e nel silenzio.

Infatti è proprio il silenzio, insieme alla luce, il tema centrale di questa raccolta; se ne avverte il carattere quasi religioso, il modo sommesso in cui avvolge la narrazione.

Il poeta si pone al centro di questa esperienza emotiva, trovando ragioni di resistenza nelle radici della vita, nel ritmo stesso del respiro, : “Non avere paura,/ abbi certezze, invece/ nell’azzurro, nel sogno,/ nel battere e levare/ che ci solleva il petto” - pag25, - nella richiesta di un "... mio angolo di paradiso/ il mio acconto di luce" pag.26 -, nell'amore che vince le distanze "Per ogni mia partenza c'è un ritorno/un luogo privato tra le banchine/dove il tuo abbraccio è un bruciare di rosso/ -pag34 - .

Luca Benassi inizia così a tessere il suo rapporto con l’universo, avendo lo sguardo rivolto “…alla purezza sgranata nella preghiera del mattino, alla pietra aperta, alla ferita guarita”-pag.31 -, evocando un universo di luce che si diffonde sull’intera raccolta, nella pandeistica fiducia che le cose nascondano significati che trascendono le cose stesse e che la parola può rivelare, una “parola che brucia in petto/ come un perdono/ incendiato di paura”, pag. 36 Per questo il verso si arricchisce di echi, metafore, suggestioni, e va alla ricerca una perfezione lessicale che è estetica e etica insieme, una ricerca di Dio che appare e si nasconde, delude e esalta.

Un sentimento naturale di gioia introietta ogni tassello del mondo, lo assapora e se ne lascia penetrare, identificandolo con l'amore, il sogno, la bellezza, che è insieme sostanza del mondo e corpo di donna e che informa di sé tutta l'opera.

Così si legge di partenze e viaggi, di treni che sgranano stazioni semideserte e portano con loro un sentimento di armonia con il vento, la sabbia, il paesaggio, e la promessa di occhi che presto appariranno all’altro capo della linea a dare senso e valore al viaggio; e poi strade che sembrano quinte di teatro, che raccolgono vento e amore, incontri e temporali, e portano a una casa che accoglie e custodisce la favola eterna della vita: “Tu sei in quest’acqua che scroscia/ rumorosa dalle gronde, /penetra la terra come un dovere/ e scorre come un bacio di latte/sulla pelle rossa delle tegole/ di questo petto che si fa casa” - pag. 58

Se la prima parte del libro è pervasa da questa magnifica luce, la seconda, per una sorta di contrappasso, si addentra junghianamente nelle ombre del male, nei ricordi rifiutati e rimossi delle tragedie causate dalla umana follia. Si ripercorre così il delirio assassino delle Fosse Ardeatine, la bomba di Hiroscima, la tragedia dei minatori di Marcinelle, lo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl. Qui il poeta si fa uno e molteplice, narratore in prima persona della tragedia immane che in lui rivive. Egli diventa vittima tra le vittime, ne raccoglie pietoso gli ultimi pensieri, il respiro e la paura, in una partecipazione simbiotica e solidale che dice che nessun grande dolore riguarda solo una persona ma chiama in causa la dignità del genere umano, la perdita di luce e di bellezza, l’innocenza di ognuno davanti a Dio.

Un bel libro, dunque, questo di Luca Benassi, profondo, maturo, intenso che ancora una volta fa giustizia dei tanti che, senza sottoporsi alla fatica della ricerca, sentenziano che la poesia è morta. “Opera compatta”, osserva giustamente Elio Pecora nella sua bella prefazione, “nel segno alto e aperto della compassione”, intesa come un “patire insieme”, portarsi dall’altra parte… travalicando l’umano… per farsi anima del mondo, grumo nell’essenza.  








Acquistabile on line ai seguenti link:

https://www.mondadoristore.it/Istruzioni-per-la-luce-Luca-Benassi/eai978883681874/

https://www.ibs.it/istruzioni-per-luce-libro-luca-benassi/e/9788836818747


 


  

 

(amare, uscendo dall’osteria)

E poi ci sono i tavoli di osteria, i bicchieri

che rimandano scaglie di purezza

nel tintinnare tagliente dei coltelli,

la bottiglia d’acqua fuori frigo,

i tovaglioli gialli, la linea curva della fronte

che si frange sulla punta

che divide i tuoi capelli.

Già la strada sembra un grido di vento

un azzurro ingolfato fra le chiese

a levigarti il sorriso sopra il volto

che risplende nella piena del sole

che ci invade.

  

(cercando Dio)

Mi chiedo dov’eri all’alba più vera,

quando i sogni si fanno latte

e le parole entrano nelle palpebre

come aghi nella luce.

Mi chiedo cosa potevi dire

quando mi contavano il sangue

nel reticolo azzurro delle vene

e il corpo si faceva molle e dolce

come una carta stellata, piena di numeri.

Al dunque non c’eri, eri assente,

nel bianco dei confetti, nelle veglie,

nella carne tagliata dai referti,

nella gioia dei vagiti, nella corrosione

dei rimorsi.

Ora quasi dai fastidio

come una luce accesa all’improvviso

sugli occhi schiacciati

contro il buio.

  

(aspettando un treno)

I binari tracciano linee per gli occhi

posati all’incrocio dei marciapiedi

e sembrano quasi chiedere perdono

all’innocenza dei bambini

sulle panchine fra i baci

rubati alla certezza del tempo

che buca il futuro e lo ridona intatto.

Io sono qui, a metà strada da tutto,

nel gioco felice dei partenti

nel dolore degli addii

a chiedere il mio angolo di paradiso,

il mio acconto di luce

con gli occhi lasciati sull’asfalto

e un cuore blu, pieno di tumulto.

  

(nome)

Forse darò un nome a questa terra

che separa il binario tre dal mare

e inciderò i segni e i colori

sul selciato della pensilina

nel taglio degli occhi che mi attende

all’altro capo della linea.

Darò un nome a questa attesa

agli annunci, alla fila delle stazioni

che scorre rossa sul monitor

mentre arriva il mio convoglio.

Si parte così, ascoltando il vento

che porta il suono della sabbia

scolpita dai passi di questa ostinazione

del ritornare all’orizzonte dei nostri volti.

 



Nessun commento:

Posta un commento

Grazie per il commento. Verrà pubblicato dopo essere stato moderato.