Ringraziamo Dante Maffia perché ha voluto essere presente in
questo nostro blog, regalandoci un ulteriore motivo di orgoglio.
Egli è
eminente saggista, poeta, narratore e giornalista. Come poeta fu segnalato agli
esordi da Aldo Palazzeschi. Di lui hanno scritto i maggiori letterati
contemporanei: da Borges ad Amado, da Pasolini a Calvino, a Primo Levi e a tanti
altri. Leonardo Sciascia gli disse: “Io sono convinto che tu sei uno dei
grandi poeti di cui si parlerà molto; nelle tue parole c’è la carne viva del
sud….”; e Dario Bellezza affermò: “Maffia è uno dei più felici poeti
dell’Italia moderna”. Nel 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi lo insignì
della medaglia d’oro alla cultura.
Quest'anno un autorevole Comitato di studiosi lo ha
proposto al Premio Nobel per la letteratura.
Dante Maffia rappresenta dunque una eccezione nella
politica culturale perseguita da questo blog che, come noto, privilegia in genere poeti
di eccellenza ma non ancora famosi, con l'obiettivo di non
lasciare disperdere il loro lavoro e di fornire loro supporto e testimonianza.
E tuttavia questa scelta non
contraddice tale politica, anzi l’aiuta ad affermarsi, conferendo prestigio a questo
sito e riconoscendo implicitamente valore e validità al lavoro di ricerca che conduciamo.
Dante Maffia "Poesie Torinesi"
Edizioni Lepisma
Abbiamo scelto, per illustrare la
poetica di Dante Maffia, “Poesie Torinesi”, una raccolta di versi che racconta
il dramma sociale e umano di una città come Torino, emblematica del mito dello
sviluppo e, insieme, delle contraddizioni dell’oggi, che pongono l’uomo, i suoi
bisogni, il suo dolore, in secondo piano.
Città osservata con lo sguardo
critico e distaccato di un immigrato di eccezione, che non si lascia fuorviare dalle
apparenze, dall’illusione di felicità che le luci creano o da stazioni che promettono
nuovi viaggi. Spinge invece lo sguardo, come un bisturi, nella realtà dolente della
città, per comprendere i mali nascosti nelle pieghe delle sue strade, nel
dolore dei diseredati lasciati marcire negli angoli bui in quanto inadatti a
qualsiasi viaggio. Rapide pennellate, fatte a volte
di un unico gesto, normale, quotidiano, ma che serve a recuperarne appieno l’umanità,
segnandola in modo indelebile nella memoria, fosse anche solo per uno sbadiglio,
per un movimento della mano che stacca un pelo dal naso, per un vestito che
sale fino all’inguine quando ogni umano pudore è ormai dimenticato. Gesti
usuali che fuggono l’estetica accademica, parole aspre che non cercano la
bellezza esteriore del verso (che del resto contraddirebbe il messaggio portato),
bensì la sua carica di verità.
E’ dunque sovvertitrice questa poetica
che fa emergere in maniera così corrosiva l’inadeguatezza di certa pseudo-cultura
borghese, sempre protesa alla difesa istintiva delle proprie condizioni, a comprendere le ingiustizie che genera. Parole asciutte, mai retoriche,
appuntite e scarne che hanno in sé la forza della ribellione e il sentimento
pudico della pietà: “Ogni mattina sulla
“Stampa” è documentato l’eccidio/del buonsenso. Al bar si discute se ammazzarli
tutti/quei cani rognosi che non vogliono lavorare."
Un piccolo gioiello
letterario da non perdere, insomma.
Ricordo Torinese
Mi viene in mente una donna
né tanto
grassa né tanto magra
con la borse
di finta pelle,
con la
faccia mezza paffuta
delle
madonne di cartapesta.
A una fermata è scesa
dal
sessantatre. Si è portata
quel poco di
vita che stagnava
sotto le
sciarpe dei viaggiatori.
Lungo le rive del Po
Lungo le rive del Po la sera
ci sono
campanelli che squillano sciabordando
nei riflessi
e s’impigliano ai grumi dei cervelli
spauriti.
Cantilene di sporcizia, di cadute a picco
sulla
vertigine dello sballo. Nei letti caldi
dei più la
consolazione del televisore.
Ogni mattina
sulla “Stampa” è documentato l’eccidio
del
buonsenso. Al bar si discute se ammazzarli tutti
quei cani
rognosi che non vogliono lavorare.
C’è chi
s’erge a giudice, chi si propone
per fare il
giustiziere. Nei bicchieri di cognac
passa la
ronda della maledizione.
Incontro casuale nei dintorni di via Lagrange
Uscendo dal cinema, con ancora sul viso
i colori del regista,quasi gatta, quasi
ogni cosa che si possa pensare, meno che il paradiso.
Comunque davanti a noi si aprirono praterie assolate,
letti lunghi chilometri, soffici, quasi
che avesse le ali, le natiche dannate.
Il sorriso le dette la misura della mia onestà.
Mi avvicinai per rassicurarla, ci appartammo, quasi.
Ma onestamente non ricordo se di qua o di là.
Naturalmente ha poco importanza, una sciocchezza!
Fu un atto furioso, intenso, quasi
il raggiungimento dell'estrema ebbrezza.
E un attimo dopo tutto finito, come discesi
da una montagna di fuoco. Tremava, mi guardava, quasi
che fossi stato il suo amante per mesi.
La vidi andarsene a testa bassa, piangendo,
dicendosi che le avevo rubato non so cosa, quasi
che io fossi, lei fosse una pedita grave. Scontenta.
Gli scempi a Porta Nuova
Il tempo
degli scempi s’è acquietato
in una
fastidiosa attesa. Mancano alla città
I rumori
delle gru, gli squarci, lo spietato
rancore di
chi s’era illuso di esistere.
Nuovi
commerci: bancarelle illuminate
con stoffe
cinesi; una confusione di lingue
che danno
l’illusione d’essere su intasate
stazioni che
portano chissà dove.
Pizia è appostata all’angolo e sbadiglia,
si gratta il mento, si stacca un pelo dal naso.
Ai bidoni della spazzatura origlia
Una rom che avrà si e no tredici anni.
Eppure c’è un futuro per ogni persona,
lo sanno anche le mosche appiccicate
sui capelli della malconcia barbonasi gratta il mento, si stacca un pelo dal naso.
Ai bidoni della spazzatura origlia
Una rom che avrà si e no tredici anni.
Eppure c’è un futuro per ogni persona,
lo sanno anche le mosche appiccicate
ubriaca, scoperta fino all’inguine.
Via Roma
Mia sorella
mi porta a passeggio pe Via Roma,
la via delle
dame torinesi, dei negozi abbaglianti.
E’ un
inverno di neve e di vento gelido
e maledico
chei ha posato la prima pietra
sotto queste
Alpi arroganti e funeste
che mandano
ghiaccio e vento invece
di profumi
primaverili.
Due vecchi
svuotano un cassonetto
e ficcano
l’immondizia in sacchi scuri.
Ci sarà la
resurrezione della carne dice
chissà
perché la donna che passando
getta uno
sguardo e sorride complice
col mio
stato d’animo, a suo parere.
Il bicchiere
che ho in mano
glielo butto
addosso. Non posso credere
che in
paradiso o dove più vi piace
debba
incontrare ancora vagabondi
che
rovistano. È troppo, lasciatemi in pace.
Grazie come sempre Renato.
RispondiEliminaConosco e apprezzo l'opera di Dante Maffia ed è bello ritrovarne parte anche qui.
Mi ha colpito la crudezza delle immagini evocate, di una bellezza sporcata dalla vita, ma che ha ancora la forza di splendere sotto il sudiciume dello sguardo indifferente
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