Griselda Doka: "Dimentica chi sono" - Fara Editore 2018
Nota
di Renato Fiorito
Una poesia densa, questa di "Dimentica chi sono" di Griselda Doka. Densa di passioni, di carnalità, che si alimenta della vita quando è giovane e forte e può sfidare il mondo, le ingiustizie, la forza del mare, la paura del buio, l’infinito silenzio, per un amore urgente che ha mani e braccia, sesso, odori, rabbie, abbandoni. È poesia che amo perché infonde energia, rende il senso del viaggio, della tempesta, della battaglia; non quella esangue e sfibrata che trova le sue radici in altri libri, che ha la sostanza molle delle oscure elucubrazioni, delle costruzioni abborracciate dal narcisismo o dall’ambizione, magari per salire su qualche traballante trespolo da cui impartire polverose lezioni accademiche, ma la poesia buona che prende dalla strada le parole, dal cuore il flusso caldo dell’amore, dal viaggio la speranza di un mondo migliore. Griselda Doka non vuole limare i versi, non ne ha tempo né lo desidera, ha cose più urgenti da fare, vuole raccontare il desiderio, il dolore, l’amore, gli incontri, gli addii, la disperazione. Vuole che la parola sia “foglia d’ortica che lesioni la pelle”, che destabilizzi certezze, che sia abbraccio fraterno per gli umili e i dimenticati. È poesia che vuole cambiare e cose, che non si rassegna all’irrilevanza, che si mette al centro delle storie e le illumina. Un libro da leggere dunque, tutto d’un fiato, perché parla di amore, di morte, di dolore, di paura, delle cose vere insomma, quelle che contano, ma senza nominarle quasi mai, poiché tutto vive nella forza dei fatti, nell’atmosfera che Griselda ha creato. Dimentica chi sono è un piccolo, grande scrigno con dentro le emozioni, le riflessioni, le rabbie di questa giovane poetessa che spalanca le braccia sull’ignoto, sempre coltivando per sé e per gli altri un fondo di speranza grazie al quale, a ragione, può dire: “anche se non esiste/ potremmo inventare/ una storia d’amore noi due/ io sono la poesia/ e lo sei anche tu.”
Dimentica chi sono
dimentica chi sei
tu, mia costante
evasione
che percorri il
mio Sud, tortuoso
cercami nei campi
di zagara bianca
colmi di nettare
pregnante
che ti scorre
nelle vene
quando l’odore del
mio sesso
è la sinfonia che
ti accoglie
***
Se la mia parola ti giunge inaspettata
insolente, piena e
rovente
una foglia
d’ortica
che sfiora la
pelle lesionata
flagello
la parola
travolge
oltraggia
spiazza
il tuo silenzio
il tuo ricovero
vuoto
manchi di fede
manchi di odio
quando la parola
ti giunge
inaspettata
vera
vera
vera
erranza ardente
che scioglie il
sole
in gola
***
La posta in gioco è alta
la posta in gioco
sei tu
questo non è un
gioco
te lo dicevo
non mi credevi
ora lo scrivo
e lo sottoscrivo
vieni via con me
prima che sia
troppo tardi
prima che venga la
neve
prima della
scommessa
del diluvio
e di ogni altra
promessa
ora, o mai più
andiamo a calzare
i tuoi passi
i miei passi
questo non è un
gioco
e io non so
giocare
in qualche modo ci siamo trovati
a sottoscrivere lo
stesso patto
ciascuno con il
proprio silenzio
***
Io credo in Dio
in un unico solo e
onnipotente Dio
di quello che ha
fatto i cieli e la terra
e anche il mare
perché è li in
mezzo che ho visto Dio
dalla faccia nera
e spaventosa
Nel nulla
quando sentivo
l’acqua che entrava
nella nostra
scialuppa scheggiata
e pregavamo tutti
in coro
siamo diventati
lì, tutti credenti
di un solo e unico
Dio
onnipotente e
misericordioso
che ci stringeva
in una morsa
lì, nei nostri 80
cm di spazio personale
i morti possono
giacere
i vivi non si
devono piegare
maledizione
ragazzi
tutti insieme
giù in coro
qualcuno osava
cantare
e il coro
rispondeva
Allah akbar
Dieu ait pitié de nous
good Lord have mercy
***
mai visto tanto buio in vita mia
mai tanta acqua
tanto sudore e
pipì insieme
tante lacrime
partecipi nella disperazione
Dio mio dio mio
non sappiamo dove
siamo
sappiamo di te ma
non ti vediamo
Dio mio dio mio
se mi salvi farò
30 giorni di digiuno
anzi 50 o 100
tutti insieme
e ti adorerò
giorno e notte
Dio mio…non
spingete di là, hey bro’
’r ’u crazy still singing aloud, pray shit, pray
ma un lamento
lungo
di canti
collegiali
si innalzava
sgraziato nella notte
un altro anno e
avrei finito
un altro anno e
avrei detto addio al mio villaggio
chissà se potrò
mai raccontare la mia storia, hey bro’
se calpesto terra
di nuovo
Terra bro’, terra,
basta che non sia d’Africa
che così
velocemente ha bruciato i miei sogni
le senti ora
queste lacrime
sono sicuro che le
senti anche in mezzo al coro
Hey bro, non mi
dare la mano ora
bestemmia pure il
tuo dio e anche il mio se vuoi
ma sulla terra
bro’, se sbarchiamo vivi sulla terra
ti prometto che ti
darò la mano, e saremo fratelli per davvero
adesso bro’
stringiamo i denti
aguzziamo gli
occhi
origliamo le
tenebre
forse qualche dio
lo espelleranno
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