mercoledì 2 novembre 2011

Monica Maggi



Monica Maggi, è una libraia molto particolare. La si può incontrare nella sua libreria-caffè letterario “Libra”, in Via San Michele a Morlupo (Roma) dove anima, tra l’altro, l'associazione LibrAria, appendice operativa degli eventi artistici della libreria. Ma le sue attività sono davvero molteplici, a testimonianza della vivacità e dello spessore culturale del personaggio. Giornalista e scrittrice, è docente all’Università Roma Tre dove conduce un laboratorio di giornalismo e scrittura, e all'Upter, dove tiene corsi di writing coaching, giornalismo e comunicazione integrata. Ha collaborato con giornali e riviste (Il Messaggero, Vitality, Happy WEB, Capital, For Men Magazine) e tenuto rubriche di attualità su Grazia, Linus, Per Me, Bella, Di Tutto, Geo, l’Espresso. Nel settore radiotelevisivo ha lavorato per TeleMontecarlo in “Gente sull’orlo di una crisi di nervi”, per Italia1, nelle due edizioni di “Cronache Marziane” e per Stream in “Sex Selen e videotape”. Per Radio Capital ha scritto e condotto “Capital Hot Line”, striscia pomeridiana sull’eros. E’, infine, fondatrice dell'Associazione Donne di Carta: sua la cura dell’antologia poetica di versi femminili Ti bacio in bocca del 2004.
Ma Monica è per me soprattutto una poetessa dalla scabra intensità. Quando ho letto la sua raccolta “Calco”, che qui propongo, non sapevo niente di lei. Mi aveva colpito tuttavia la ruvidezza del verso, il pudore del dolore appena confessato e ho deciso allora di contattarla per congratularmi. Ho saputo così delle sue tante attività e di un'altra raccolta di poesie "La mia pelle e’ un cifrario", pubblicata nel 2003 con l’editore Lietocolle e inserita poi nello spettacolo Soffiando via i capelli dalle labbra, rappresentato nel 2006 al Teatro dell’Orologio di Roma dall’Accademia del Dubbio.

il libro è acquistabile al link: www.lalibrerialibra.com

Le poesie di Monica Maggi sono intense, essenziali, senza fronzoli, con dentro il pudore delle parole, come di chi le sente consunte, abusate, e le usa perciò con parsimonia, quasi con rispetto. Tutto è ridotto all’essenziale: l’amore, il rimpianto, “…la solitudine che si fa verso, gli altri che si fanno parole”. Improvvisi lampi, inaspettati e mai banali rischiarano il verso, come un temporale che si guarda dalla finestra (L’amore è deflagrazione, smembramento, riunificazione..) che dà, insieme all’attrazione per uno sconvolgimento che potrebbe essere il nostro, il piacere di esserne al riparo.





Io scrivo.

Impasto il rigurgito


il queste scaglie


frammenti calati a picco

innestati nell’anima.

La solitudine

che si fa verso

gli altri che si fanno parole.


° ° ° °

Come trasloca l’anima mia

quando ti guardo!

Mi stacca in volo sopra le nuvole

raggiunge frutti acerbi d’infanzia

avvolge i profumi di me

mi offre provvida regali non scartati.

Ancora senza fine

il film mai terminato

e corse per scale materne

dietro ad una scia di sapore.

Questo, quando trasloca l’anima

che non si porta bagagli ma voci

carezze occhi e binari di ricordi.


° ° ° ° °

Ho quasi cinquant’anni.

La bellezza se c’era

se n’è andata ironica

lasciando particelle odorose

spruzzate dovunque

la vita fa padrona di casa

inquieta e metodica.

Da lei trasloco

con sempre meno bagaglio.



° ° ° °


È un fagotto la vita, ci butto dentro le cose

alla rinfusa

magicamente si riordinano

e si compongono

come

un gioco di pazienza.

Le stagioni sono quadri

di una parete che mai

è la stessa

di una casa che mi porto appresso

come raro animale lento.

° ° ° °

La gente ha gli occhi tristi.

Di cosa si è riempito il mondo

se non c’è nulla

che colmi il cuore.



1 commento:

  1. La gente ha gli occhi tristi. Ecco quello che sa vedere un poeta. Senza disperare però. Con sapienza e comprensione.

    Vera D'Atri

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