lunedì 5 dicembre 2011

Guido Conforti

Guido Conforti vive e lavora a Genova. Ha pubblicato i romanzi Ricreazione (Marco Valerio, 2005) e Biarritz (Ecig, 2011), per il teatro Tragedie ristrette ed altri prototipi (Ecig, 2007) e la raccolta di poesie Cetera (Samiszdat, 2009), che qui proponiamo. Altri testi sono apparsi su riviste, antologie e libri quali La poesia vola sulla rete (Liberodiscrivere, 2002), Racconti 2002 (Liberodiscrivere, 2002), Genova in posa (Sagep, 2003), La città dei poeti (Liberodiscrivere, 2003), Corto Circuito (Joker, 2008).
Ha prodotto e interpretato lo spettacolo di teatro potenziale Contraintes e la lectura dantis Trasumanar per verba (lettura integrale della Divina Commedia).
Ha vinto il premio Città dei poeti al Festival Internazionale di poesia di Genova 2003.
Conduce uno studio di letteratura on-line (www.guidoconforti.it) che sviluppa, tra l’altro, progetti sperimentali di scrittura collettiva.

Cetera
(semifinalista al concorso Feltrinelli ilmiolibro (50n su 1400) 


oppure per ebook


Cetera segna le tappe di un percorso espressivo comune a molte forme artistiche (pittura, musica, scultura) degli ultimi decenni.
Nella prima parte, “I muri a secco”, l’autore dà la misura del suo valore e della pienezza della sua maturità artistica. Vi si scoprono suggestioni ed echi di vita campestre: il giorno, la notte, l’arcobaleno, l’alba, gli uccelli, il vento, ma non come mere descrizioni naturalistiche, bensì come modalità immaginifiche per raccontare sentimenti (Ma c'è spazio sopra l'arcobaleno (lo sapete) e si può stare ad occhi chiusi a bersi il sole).
Vi si trova lo stupore di un’anima assorta, eppure solida che, nonostante il volgere degli anni e la consapevolezza della limitatezza del tempo, e della morte che interpunta le stagioni, reclama tenerezza (Non solo per dolore si piange ma per il solo increduli sfiorarsi) e sogni (“Saranno i sogni, Victoria, a sconfiggere i ricordi.”).
Poi lentamente le usuali costruzioni sintattiche non bastano più al poeta, che cerca di andare oltre e sperimentare nuovi modi di costruire il discorso, un po’ più giocosi, futuristi, fatti di assonanze e ripetizioni, di concetti non più lineari ma circolari, di immagini sovrapposte e contraddittorie. Prove di bravura, giochi da illusionista della parola, padrone dei meccanismi compositivi. E vengono inventate altre parole, quasi che quelle esistenti fossero usurate dal tempo e divenute inservibili. Nuove sonorità senza significato diventano gioco lessicale, per una non ancora sperimentata forma di comunicazione, in un processo di introiezione che genera dissonanze. Parole messe apparentemente alla rinfusa, ma con suoni cercati con cura che trasmettono un messaggio misterioso e ambiguo da capire o ignorare.
Sperimentazione ardita, dunque, al termine della quale non c’è un concetto da salvare ma un’atmosfera, un profumo, l’eco del nostro tempo e delle sue incongruenze, dove le parole si affollano, si accavallano, si superano e si trasformano da discorso intellegibile in ribollente cascata, simile in tutto al caos delle nostre città e delle nostre vite (Qui e ora piascerei le brilla a acquiatandomi la villa rento sento che mi appascerei]. liquiverdando la rubilla stena….).
Alla fine sembra tornare salvifico il bisogno di comunicare, ma in una nuova orgogliosa consapevolezza della propria originalità. (io sono l’opera d’arte d’un artista apocrifo / d’un fattore universale/ lo svolazzo erratico d’una zanzara ch’a nulla serve ma/ soltanto inciampa/ io sono l’opera d’arte e questo basta/come in please/is tax-free) E dove non basta l’italiano, soccorre l’inglese per riscoprire le antiche tenerezze: (It’s possible to cry in front of Beauty/ And above all it’s possible to believe /that happiness is possible)

TIME OUT

Vorrei avere il tempo
(diciamo mille anni)
per rimanere a dipanare i tuoi capelli
e ad impastarli
di musica e luce.

Vorrei avere il tempo,
quello che ora è appena andato,
per annullare ogni ricordo
e cancellare il sentiero
che ci ha portato fino a qui.

Vorrei avere il tempo,
adesso che non abbiamo più tempo,
di prenderti per mano
e seguire ad occhi chiusi
le rondini volare.
 

ITACA

Quando mi asciugherò come un sughero spugnoso e
avrò stanche le ginocchia troppi chiodi nelle mani,
quando anche l'ultimo fringuello frullerà leggero e
non avrò più occhi per seguirne il volo,
quando lo sentirai anche tu il mio fiato appeso e
le vedrai anche tu le mie labbra incerte a ripetere  l'identica
domanda,
quando verrà quel giorno
portami via da qui, amore,
riportami dove possa sentirlo bene
l'odore della terra,
dove possa sdraiarmi ancora tra le giunchiglie e
lasciare che le formiche mi percorrano la barba e
sorelle mi sussurrino il segreto.
La nostalgia della propria terra che si lascia sempre, ma non si lascia per sempre, perché vi è un perenne ricordo del cuore




FIESTA CILENA


Che avrai da dirle, Augustìn,
che avrai mai da raccontarle
su questo sottofondo di birre e di chitarre
su cui scivola il tuo sguardo glabro
e in cui si immergono le tue parole
soffiate a filo del suo lobo schiuso?
Saranno pane e case e culle piene
saranno altri tramonti e cene
saranno feste diseredate dei rimpianti.
Saranno i sogni, Victoria, a sconfiggere i ricordi.

 

CANZONE DELLA SERPEGGIANTE LUSSURIA

Qui e ora piascerei le brilla
a acquiatandomi la villa rento sento che mi
appascerei]
liquiverdando la rubilla stena.
A gosci speni mi raccoderei
porando e riporando
le verge volli e le rolle incolle.
M’incurterei al sol zurlarti
mia ruba, mia  cumida zurlena,
e siscivandoti le cuba
inescutando le golle tosce
alla fine finalmente escliterei.





1 commento:

  1. Queste poesie sono davvero molto belle. Grazie a Guido Conforti che le ha scritte e grazie a Renato che le ospita qui.

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