mercoledì 26 febbraio 2014

Antonella Antonelli

                                                                                                             

Antonella Antonelli  è uno straordinario personaggio del quartiere Testaccio di Roma, dove vive e lavora. La potete trovare, indifferentemente, nel suo ristorante  insieme al marito ad accogliervi con un sorriso o a un reading a leggere poesie, oppure ospite in convegni letterari di primo livello. Vi può bruciare all’istante con una fulminante battuta in romanesco o ammaliarvi con uno dei suoi splendidi versi. Laureata in psicologia, pubblicò, molto giovane, stralci della tesi redatta sul lato d’ombra nel “Visconte dimezzato” di Italo Calvino. Nel 1992 arrivò la sua prima silloge: “Pensieri soli” per la casa editrice Cultura Duemila nel 1992. Poi gli impegni di lavoro e di vita la costrinsero a un lungo silenzio finché nel 2011 Edizioni Tracce pubblicò la raccolta di poesie “Da crisalide a farfalla” nella collana “Anamorfosi”. Un suo racconto “Il bambino con il pallone sotto il braccio”, si classificò 2°, come monologo teatrale, al concorso nazionale “Lama e trama” di Maniago. Ed ora la sua ultima raccolta, In una notte lunga di un giorno che non conta”, ha ricevuto il Premio speciale del Presidente della Giuria del Premio Internazionale di poesia Don Luigi Di Liegro 2013 e si è classificata 1° al premio Farina 2014.



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Penso che la poesia sia un esercizio di verità,  una partita a perdere in cui il poeta si mette a  nudo davanti allo sconosciuto lettore, non per vuoto esibizionismo ma per desiderio di condivisione e necessità di sentirsi amato. 
Antonella Antonelli "In una notte lunga di un giorno che non conta" lo fa in maniera struggente, conferendo nobiltà e spessore a questo modo di fare poesia. Dentro i suoi versi c’è tecnica, capacità visionaria, pienezza di sentimenti, dolore, ma soprattutto c’è un confessarsi senza infingimenti, uno scavaresi in profondità, scarnificando il dramma, sempre diverso e sempre uguale, della vita, che in genere si tenta di occultare e che invece qui esonda e invade la nostra artificiosa tranquillità.
I pensieri sono di volta in volta poetici, carnali, sensuali, disperati, liberi, pudici, assorti; nulla è taciuto, nulla è imbellettato, scontato o rassicurante: la lotta, le sconfitte, gli straniamenti, gli slanci della carne e del cuore, tutto viene detto e confessato, e alla fine il lettore ne esce esterrefatto,  rapito e un poco cambiato.
Il punto di vista di Antonella è tutto femminile, ma di una femminilità forte, generatrice di vita, combattente, pur non credendo in nessuna vittoria, sognatrice, pur non credendo nei sogni. Sembra che dica: io sono qui, sono così; il mio peccato, se un peccato c’è, è quello di non volermi rassegnare a vegetare, a morire vivendo. E noi che viviamo di piccoli compromessi, che facciamo dell’arte del dissimulare la nostra seconda pelle, ne siamo spiazzati e scopriamo, tra timore e desiderio che una vita diversa è possibile, forse più traballante e incerta, ma vera e coinvolgente.
Le sue poesie sono spesso dure, prive di compiacimento accademico, si coglie anzi una specie di idiosincrasia per i versi troppo lustrati e dunque falsi, una insofferenza per le regole, per tutte le regole, fossero anche quelle della perfezione estetica e, per contro, un amore per l’asprezza della verità, per il dolore non addomesticato e non addomesticabile, per le deformità della vita, che sono in fondo l’altra faccia della perfezione e senza le quali la stessa idea di bellezza andrebbe perduta.

Al momento opportuno però, in maniera del tutto inattesa e dunque ancora più commovente, il verso diventa improvvisamente perfetto, limpido, di una purezza e intensità assoluti. Allora comprendiamo di essere di fronte alla grande poesia, quella delle sonorità scabre di Raymond Carver, della ribellione dolorante e sensuale di Alda Merini, del verso affilato e destabilizzante di Jacques Prevért, e ci accorgiamo che i semi dell'arte poetica viaggiano col vento e trovano sempre terreni nuovi su cui fiorire.



Ubriacandomi

Ubriacandomi ti diedi
il più bel dono
del mio amore deforme.

Ricordo una sigaretta
rapita dolcemente dalle dita
la mente girarsi rapida
nello stomaco
le tue mani
presse dolenti
sulla fronte stretta,
quando mi arresi.

Poi la mia anima fiduciosa
sdraiata accanto a me.

Ricordo il tuo respiro muto
le tue carezze diafane
ad ogni mio sussulto.

A te solo ho regalato
la mia inconsistenza.
l’hai custodita
per una notte intera.


Ti chiederai anche tu

Qualcuno prima o poi
ti chiederà
che fine ho fatto.
Fors’anche lei.
     E tu,
sbuffando il fumo
muoverai una mano,
pago, della tua finta vaghezza.

“Non so…”
e andrai a cercarmi
nelle strade che nere
gialle grigie che
con me sola, hai percorso.

E mi scoverai, si,
nel tuo petto
e tossirai a disagio.

Ti chiederai
che fine ho fatto
e cambierai discorso,
perché ti farà male.


Nel duello della resa, corrono di spalle gli amanti

Nel duello della resa,
corrono di spalle gli amanti.
Avanzano lenti
arando orme.
Inghiottono il presente
appesi, scivolano.
Nel duello della resa,
corrono di spalle gli amanti
il ricordo,
afono,
ne vìola l’intimità.
Il loro fuggirsi cercandosi
rallenta il moto del mondo.
Eclissano, satelliti,
in quella solitudine diffusa
priva di ganci.
Nel duello della resa,
corrono di spalle gli amanti.
Corrono immobili
per sempre stanchi.


Aspetto

Sono qui
aspetto.
Si sfila l’ombra dal muro,
stanca.
Si avvicina di nuovo.
Vedo te
in ogni disegno
della mia mente.
Sento i tuoi passi.
Li confondo
con le perdite
del cuore.
Penso di non volerti,
ma se ti allontani
solo freddo
tra le costole sonore.
Ranocchie stanche
sbuffano
nello stagno
dei miei ripensamenti.
Sono qui e aspetto
e non mi muovo
ché, se arrivassi,
cosa penseresti tu?


La chiave sai dov’è

- La chiave, dissi, - sai dov’è.
Quando tornerai
sarà ancora lì
tra la rosa rugosa
e il tulipano
così ché, solo uno
ne potrai vedere.
Se tornerai a maggio
fai attenzione alle spine.
Se farà freddo
metti la mano nel vaso,
tra i bulbi.
Poi entra
senza riflettere.
Il vento consuma
nel nostro giardino.
Come hai fatto tu.


In una notte lunga, di un giorno che non conta

Dovesse mai sentire
la stella, d’esser nuda,
sicuramente, si coprirebbe di pulviscolo.
Non morirebbe di vergogna
ma sempre di stanchezza
col suo afono grido mantato
in una notte lunga, di un giorno che non conta,
come questo.
Dovessi mai sentire
d’esserti noiosa,
certamente, col tempo, diventerei di pietra
e dentro la polvere
sbiadirebbe il respiro.
La sera sentiresti rumore di sale
in una notte lunga, di un giorno che non conta,
come questo.
Cosa vuoi che dica amore amaramente,
dietro la tua carezza
il viso, e dietro  il viso, l’osso.
E’ inutile mentire.
Tutto il creato è monade di cenere
perciò, è bello bruciarci
in una notte lunga, di un giorno che non conta,
come questo.
  
Poesia inedita inserita per gentile concessione dell'autrice

Mi chiedi

Mi chiedi
“perché non mi ami amore?”
Dovrei spiegarti il bianco
della linea della pista ciclabile.
Quello che metto sotto i piedi
a piccoli passi, ad uno ad uno
conto gli spazi e i secondi,
e la strada è in quello spicchio
che percorro alla mia età
come fossi bambina.
“Non ti amo? No, non so,
e non è così che stanno le cose.”
Le cose, oggetti misteriosi
poggiati su altre cose
che poggiano nel mondo
che è, cosa, nel profondo
e sono cosa anch’io,
vista dal cosmo, vista da te, estranea
e tu che mi domandi,
e io, che non ho risposte
quante soste, e poi
riprendere il respiro
sterminato, correre
su un prato di feticci
malconci, anemici fiori
e bagliori, che prima dell’alba
saranno mangiati dal sonno.
Mi chiedi
“perché non ti fermi?
Perché non stai qui?”
Ma no, non è così
che stanno le idee
ferme, in un singolo posto.
Io sono idea di un’idea imperfetta.
Credo alla dipendenza d’amore
che mi tramortisce
e mi ribello come posso,
e allora mi nascondo
o fuggo o scalcio
come un bambino, gioco,
e perdo, perdo sempre.
L’unica cosa che guadagno
è la strada, la riga bianca
al centro, ilrischio endemico

d’essere ammazzata.






14 commenti:

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  2. Grazie Renato, sono commossa e felice, mi hai posata davanti ad uno specchio e io, mi sono finalmente riconosciuta.
    Antonella

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  3. Caro Renato sono Alessandro,ho finito di leggere ora le tue parole sulla poesia di Antonella.Io non sono ne' un poeta ne' un letterato vengo dall'universita' della strada,quella dove devi imparare in fretta a conoscere chi hai di fronte altrimenti soccombi.Ho avuto il privilegio di veder nascere le poesie di Antonella fin dai primi versi e in tutte le ore del giorno e della notte io ero li' assetato d'amore e felice di ascoltarla. Nel tuo presentare Antonella al pubblico di questo blog hai usato parole degne della tua cultura e conoscenza che condivido ma cio' che mi ha veramente stupito e' che il tuo cuore prendeva piano piano il sopravvento sulla ragione e questo fa di te una bella persona. Nella mia vita ho sempre apprezzato chi mette il cuore davanti a tutto,io ne ho fatto una regola.Ti ringrazio e ti auguro le migliori fortune per te e per cio' che ti e' piu' caro.

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  4. Poesia ruvida, ma schietta, veramente schietta. Questo mi ha colpito. In ciò, credo, si manifesta davvero tutta la tragedia e il tesoro che può riservare la femminilità oggi - se viene vissuta nel profondo, come troppo raramente accade (femminilità eroica del sentire, senza giudicare).

    Complimenti anche per il sito; credo che offrire una vetrina a poeti contemporanei poco conosciuti sia un'attività importante in tempi confusi e ubriachi come questo. Chissà, forse un giorno anch'io avrò la fortuna e la sicurezza poetica di questa meritevole signora.

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    1. Grazie per il commento, e soprattutto grazie per queste due parole " ruvida, schietta", non so per quale motivo la prima mi ha fatto subito pensare a una pietra e la seconda alla purezza dell'acqua. Se però penso al mio modo di fare poesia, mi rendo conto che ruvida e schietta lo è anche la mia persona e questo vuol dire che forse è vero, per fare poesia bisogna essere sinceri e nudi.
      Grazie Selciato,
      spero di leggerti presto.
      Antonella

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    2. Grazie a te! Una pietra che cade nell'acqua potrebbe essere un buon modo di descrivere ciò che un poeta onesto cerca di fare. :)

      Dal canto mio ho appena aperto un blog, e presto inizierò a postarvi qualche mia poesia. Spero che la cosa mi aiuterà a crescere.

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      Antonella

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  6. Buongiorno Antonella,
    continuo a seguire con gioia la Tua Arte, Sei un faro per noi tutti.
    La Poesia ci segue e ci porta lontano.
    Ci fa vedere cose a volte impossibili da vedere e da toccare.
    Grazie per renderci partecipi.
    Ti auguro di essere sempre felice, la presenza delle persone che ami Ti sarà sempre di aiuto e di stimolo.
    Un caro abbraccio da tutti noi.
    Con affetto.

    virgilio.

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    1. Grazie infinite Virgilio per la tua partecipazione alla mia vita poetica.
      Sei un caro amico.
      Ti auguro di giore di questa bella primavera ogni giorno,
      un abbraccio
      Antonella

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  7. Vorrei fare un breve commento sulla poesia inedita Mi chiedi di Antonella Antonelli,Per descrivere questa poetessa e la sua complessita' basta rifarsi a questi versi:"Credo alla dipendenza d'amore che mi tramortisce e mi ribello come posso,e allora mi nascondo o fuggo o scalcio come un bambino,gioco,e perdo,perdo sempre.L'unica cosa che guadagno e' la strada,la riga bianca al centro,il rischio endemico d'essere ammazzata".Una volta chiarito il concetto su cosa significhi essere poeti,mi sento di dire che la Antonelli e' oggi l'unica erede di una poesia non ruffiana,non sdolcinata,non a comando.La sua poesia fa male,ma e' un male necessario:e' il nostro male di vivere

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  8. Grazie "Anonimo" per il tuo commento, effettivamente non mi sento affatto ruffiana nè sdolcinata, del resto il male di vivere non ha bisogno di aggettivi.
    Mi sento di dirti però che io non sono l'unica, per fortuna, così schietta e spigolosa, se cerchi nel web e in libreria troverai altre poetesse interessanti e vere.
    Tanto di poesia non si è mai sazi.
    Antonella

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